Lettera aperta al Presidente della Repubblica

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Signor Presidente,
i gravissimi episodi di violenza, di intolleranza, di apologia del terrorismo e di vilipendio alle Istituzioni e ai Caduti per la Patria occorsi a Roma, lo scorso sabato, in occasione di una presunta manifestazione per la Pace (sic!) in Palestina, hanno lasciato negli oltre 380.000 iscritti della Associazione Nazionale Alpini sentimenti di sgomento, di sdegno e di profonda amarezza.
Mi consenta, anche a nome di tutti gli Alpini in congedo che rappresento, di ringraziarLa per l’immediata e ferma reazione che Ella ha saputo manifestare, rinfrancando i cuori degli italiani perbene che sono stati costretti ad assistere attoniti a tali scelleratezze.

Il vilipendio costante delle Istituzioni, della Bandiera e dei nostri Soldati ha raggiunto un livello davvero intollerabile. Sentire scandire slogan inneggianti alla strage dei nostri militari, rei unicamente di compiere il loro dovere, da parte di chi nemmeno conosce il significato della parola “dovere” è fonte, per noi, di profonda amarezza. Sentire gridare che l’unico Tricolore che vogliono vedere è quello sulle bare dei nostri soldati, offende non solo quanti hanno dato la vita per la Patria in ogni epoca e su ogni fronte, ma anche ogni cittadino di questa nostra Repubblica. Vedere, poi, che viene dato alle fiamme un manichino raffigurante un soldato italiano proprio di fronte all’Altare della Patria ci ha doppiamente indignati.
Non si può sminuire la drammaticità di simili episodi relegandoli a fenomeni marginali di pochi “imbecilli”. Ormai sono troppi e ripetuti con ossessiva costanza. Lo sdegno non è più sufficiente. Occorre che siano riaffermati con forza i principi della legalità e della responsabilità che sembrano ormai del tutto smarriti.
Si consente di vilipendere la Bandiera che costituzionalmente rappresenta l’intera Nazione, si confondono i terroristi con i guerriglieri, le vittime con i carnefici.
Si consente, nel nome di un superiore diritto individuale di espressione, di dissacrare tutto ciò che più è caro agli Italiani: la loro storia, le loro tradizioni e persino i loro morti.
Gli alpini sono amareggiati per la sostanziale e, ci auguriamo involontaria, impotenza delle Istituzioni di fronte a simili crimini che altro non sono che il risultato di troppi anni di costante demolizione dei valori risorgimentali che hanno sempre costituito e continuano a costituire il presupposto della civile convivenza.
Nonostante questo, signor Presidente, gli Alpini continueranno la loro quotidiana opera di divulgazione dei migliori valori di questa nostra Italia portando anche una ventata di fratellanza, di umanità, di speranza e anche di sana allegria, tutte cose assolutamente essenziali in un periodo come questo caratterizzato dall’individualismo più sfrenato, dalla più squallida demagogia e dalla sistematica demolizione dei presupposti stessi della civile convivenza.
E’ appena il caso di notare come oggi, ad esempio, parole come guerra e pace siano diventate non il segno della tragedia o della speranza, ma solo una triste arma di speculazione politica.
Da un lato la guerra è tornata ad essere uno strumento presente anche nel mondo occidentale come se il secolo scorso fosse passato inutilmente, e dall’altro ci si strappa le vesti per la pace ma solo quando la guerra è sostenuta dalla parte politica avversa. Si litiga su tutto, tutto sembra essere consentito, si parla solo di diritti e mai di doveri.
Oggi viene accreditata una visione a tal punto individualistica della società che l’unico valore riconosciuto sembra essere quello della massimizzazione del profitto personale a qualunque costo e il prestigio sociale lo si riserva a chi riesce a raggiungere il suo obiettivo, anche se tale obiettivo costituisce una violazione dei diritti collettivi o viene raggiunto calpestando i diritti altrui, mentre chi si comporta bene, chi assolve spontaneamente ai propri doveri, viene indicato come uno sciocco.
Chi, ad esempio, riusciva fino a poco tempo fa ad evitare il servizio militare, magari dichiarando il falso sulle proprie condizioni fisiche o morali, godeva della positiva considerazione della società civile: con una piccola menzogna, con un trucchetto, in fondo, aveva ottenuto un buon risultato. Al contrario chi si presentava alla chiamata di leva senza cercare scorciatoie era guardato, nel migliore dei casi, come uno sprovveduto.
Noi, signor Presidente, siamo figli delle montagne d’Italia, siamo gente semplice e perbene. I nostri Padri ci hanno insegnato a rifiutare una visione così gretta e materialistica della vita; ci hanno insegnato a lavorare assieme per ottenere grandi risultati, con umiltà e determinazione. Ci hanno insegnato a rispettare il lavoro e il sacrificio altrui, a rendere omaggio a quanti hanno dato la vita per la Patria. Ci hanno insegnato a vivere con serenità la consapevolezza di avere anche dei doveri verso gli altri e verso la comunità. Ci hanno insegnato a non cercare scorciatoie più o meno lecite.
E noi sappiamo che i nostri valori sono attuali, oggi più che mai.
In una società che sembra avere smarrito le proprie radici, gli alpini caparbiamente e senza clamore le custodiscono.
E’ il cammino che ci è stato indicato dai nostri Padri, e se noi oggi siamo qui (e ci riferiamo a tutti gli italiani) e siamo quello che siamo, lo dobbiamo anche a loro, ai caduti, ai reduci, a tutti coloro che ci hanno insegnato e trasmesso questi valori, che ci hanno raccontato le loro storie e che ci hanno contagiato con il loro amore verso l’Italia, verso la Patria.
Proprio in virtù di questi valori, signor Presidente, Le chiediamo di vigilare affinchè le Istituzioni compiano sino in fondo il loro dovere riaffermando quel principio di responsabilità che è il fondamentale pilastro della nostra civile convivenza.
Gli alpini saranno, come sempre, al Suo fianco in questa lotta per la difesa dei valori che hanno consentito all’Italia di nascere, prosperare e dotarsi di Istituzioni libere e democratiche.
Per questo motivo gli alpini saranno sempre al fianco dei soldati italiani, di quei ragazzi che silenziosamente e, troppo spesso in un clima di vera o strisciante ostilità mostrata loro da una parte di questa Nazione, compiono sino in fondo il loro dovere di fedeltà alle Istituzioni.
Mi consenta di concludere questa lettera con il grido che, di norma, chiude ogni nostra manifestazione: “Viva l’Italia!”
Voglia gradire i segni della nostra deferente stima.

Associazione Nazionale Alpini
Il Presidente

Milano, 21 novembre 2006

(inviata in copia con lettera di accompagnamento anche a: Ministro della Difesa – Presidente del Senato Capo di Stato Maggiore e Comandante Truppe Alpine)

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