Il Paradiso di Cantore

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Quanti di noi alpini hanno usato la frase “Ha raggiunto il paradiso di Cantore” per indicare un alpino parente, amico, conoscente deceduto? Quasi tutti.
E quanti si sono chiesti come è sorta questa singolare espressione, singolare perché istituisce un paradiso “parallelo”, una sorta di “dependance” di quello vero, ufficiale ed eterno governato dal buon Dio? Pensiamo tutti.
Di soddisfare la nostra curiosità si è incaricato il nipote omonimo del grande generale caduto alle Tofane, ingegnere e alpino Antonio Cantore, in una lettera all’alpino Gianmario Gallo direttore del trimestrale della sezione valsesiana, “Scarpun Valsesian” che qui riportiamo.


Il paradiso del generale Cantore

Nell’ultimo ‘Scarpun’, quota 190, l’amico Franco, in un suo, come sempre, bell’articolo, pubblica una fotografia a ricordo dell’alpino Giovanni Lostumbo e chiude il suo articolo con la frase: ‘Lassù, nel Paradiso di Cantore, trovi la pace ….’. Ci siamo chiesti quanti, fra i lettori di ‘Scarpun’, giovani e meno giovani conoscono la leggenda di questo ‘Paradiso’.
Io, nipote del generale, e anch’io alpino, con piacere scrivo queste poche righe che raccontano la nascita di questa frase.
Nell’immediato dopoguerra ‘15 ‘18, il giornalista del “Corriere della Sera”, Mario Bisi, pubblicò un articolo a ricordo degli alpini morti in guerra dove, con felici parafrasi, ha immaginato che il generale Cantore, Caduto fra i primi, lassù, passasse in rivista i ricostituiti battaglioni composti da chi era andato avanti. Detta rivista, Mario Bisi, immaginò che si svolgesse in un paradiso che chiamò di Cantore.
Paradiso che, ancora oggi, continua, per noi, ad accogliere veci e bocia.
Da quest’articolo è nata la frase ‘paradiso di Cantore’ che, fin d’allora viene sovente, ancora oggi, ripetutamente citata passando in eredità dai veci ai bocia. Sappiano, i bocia, conservare e gelosamente tramandare, con tutti gli altri ideali, questa nobile leggenda.

Antonio Cantore