Il Ponte che verrà

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    Piove governo ladro! Un tempo andava di moda pensarla così quando le cose non funzionavano, a prescindere dalle oggettive responsabilità di chi governava. Rischiava di essere così anche a Bassano del Grappa, per via del suo ponte, che da anni dà segnali preoccupanti di stare male. Malattia che, nel nostro caso vuol dire un progressivo cedimento strutturale, dovuto all’azione della Brenta, che scorre sotto con la forza gagliarda delle sue acque, che raccontano storia e fatiche come poche altre.

    Era da anni che il ponte, il famoso Ponte degli Alpini, noto in tutto il mondo, non stava bene. E la gente, lì a domandarsi: ma cosa aspettano a metterci mano? Cosa fa il Comune per metterlo in sicurezza? Cos’hanno in testa questi politici inconcludenti? «Direttore, scriva al sindaco di Bassano e gli dica di darlo a noi il ponte, che ci pensiamo poi noi a fare quello che va fatto». Mi diceva così qualche tempo fa un alpino indignato. E noi a vedere come stanno le cose siamo andati di persona, per chiedere direttamente al primo cittadino di fare il punto sulla situazione.

    Riccardo Poletto, straordinaria persona perbene, con la lucidità e la competenza del professionista, ma anche con la passione e il cuore di un padre di famiglia, ci ha raccontato il calvario di questi anni, per cercare di arrivare a risolvere il problema. E dire che tutto era cominciato nel migliore dei modi. Quasi sette milioni di euro raccolti allo scopo, tra cui 200mila versati direttamente sul conto corrente degli alpini. Poi la gara di appalto fatta quattro anni fa e vinta da una impresa che, nei fatti, si è rivelata inadempiente rispetto all’iter e alle modalità concordate. Da qui il cambio di impresa e il conseguente ricorso da parte della estromessa.

    Il seguito è un palleggio tra giudici, gli uni a favore del Comune, gli altri a favore dell’impresa. Anni persi mentre le acque della Brenta continuavano a mangiarsi le fondamenta e il vecchio e glorioso ponte a cedere sotto il peso della stanchezza. La svolta è a maggio di quest’anno quando la prima impresa viene cacciata e il Comune chiede l’annullamento in danno, con conseguente subentro della seconda impresa vincitrice l’appalto. La firma è attesa a giorni e i lavori, a parte quelli di urgenza, dovrebbero partire nel prossimo inverno. Questo perché è il Genio Civile che dà delle finestre operative, calcolate secondo il periodo in cui si ritiene sia minore la portata d’acqua.

    È su queste note di ottimismo che cogliamo il respiro di sollievo da parte del sindaco e dei cittadini della aristocratica città veneta, ma anche di tutti coloro che hanno a cuore questo monumento. Un monumento che viene da lontano. Era il 1209 quando Gerardo Maurisio, nella sua Cronica ci parlava per la prima volta del ponte. Poi avremmo dovuto aspettare il Palladio nel 1569 per vedere il ponte così com’è nella sua struttura attuale, dopo che una piena si era portato via quello precedente. Duecento anni di fierezza, prima che una nuova piena se lo portasse via ancora una volta. Ma più delle acque furono gli uomini a fargli del male.

    L’ultima volta nel 1945, quando 15 partigiani lo fecero saltare per impedire l’accesso alle truppe naziste. Ricostruito nel dopoguerra da una impresa veneta, vide la presenza tra gli operai impiegati di molti reduci, appartenenti per lo più alle truppe alpine. Da qui la nomea di ponte degli alpini, ma senza dimenticare che da questo ponte e dal territorio limitrofo si partiva per l’altopiano dei Sette Comuni, scenario sacro per l’epopea degli uomini con la penna sul cappello. Il Ponte, inaugurato nel 1948, alla presenza di De Gasperi, divenne ben presto un simbolo di rilevanza internazionale, capace di portare nella città bassanese un singolare flusso turistico.

    Del resto Mozart stesso, nel suo Don Giovanni, ne aveva fatto lo scenario romantico dove si realizzavano le promesse d’amore. Ma era soprattutto agli alpini che il ponte regalava e regala le emozioni della storia, osservata dalla sua posizione privilegiata di balcone sulle montagne che gli fanno corona e grazie alla freschezza di acque, capaci di raccontare la perennità di memorie senza tramonto.

    Bruno Fasani