Gli sguardi delle donne di Gemona

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    di Cesare Lavizzari

    Come sempre dal brulicare indistinto e disordinato di alpini che contraddistingue ogni ammassamento, come d’incanto si forma la colonna. Ci sono i Gonfaloni, le autorità, il Labaro scortato dal Presidente nazionale e dal Consiglio Direttivo e gli alpini inquadrati nelle sezioni che sfilano in base al cantiere di lavoro dove prestarono la loro opera trent’anni fa. Può sembrare una manifestazione come un’altra, ma provo una strana sensazione.

    Mi pare di essere fuori luogo: io non c’ero, allora, a lavorare per i fratelli friulani e Gemona l’ho vista solo dopo la ricostruzione. Mi manca il senso vero del dramma e mi sento fuori luogo. Gli altri hanno visto, non in foto, ma dal vivo. Hanno sentito l’odore di quella tragedia e gli sarà entrato nella pelle. Hanno lavorato, sudato, pianto e sorriso insieme ai fradis . Io no e mi sento fuori luogo.

    Sulle note della fanfara il corteo muove i primi passi: prima la fanfara, poi i gonfaloni e le autorità e infine gli alpini preceduti dal Labaro. Ai lati della strada, alle finestre, sulle porte c’è tantissima gente, ma sono le donne ad attirare la mia attenzione. Giovani o anziane, se hanno più di trent’anni hanno tutte lo stesso sguardo, la medesima espressione. Hanno tutte gli occhi arrossati. Guardano il Labaro e gli alpini che avanzano e sorridono e piangono nello stesso momento.

    I loro occhi, gonfi di lacrime, tradiscono il turbinio di sentimenti che scuote i loro cuori: la paura, il dolore, la speranza, la gratitudine e la gioia: in un attimo rivivono per intero l’immensità della tragedia e la dolcezza della speranza, e riescono a comunicarla. È una corresponsione muta, ma, forse proprio per questo, incredibilmente efficace. Ora riesco a comprendere il dramma di chi ha perso tutto, il senso di smarrimento profondo di chi, in un solo momento, ha perso i propri beni, la propria casa e gli affetti più cari.

    Ora riesco a percepire persino il calore della speranza che il sorriso di un alpino ha portato nei loro cuori. Ora riesco a comprendere l’orgoglio della ricostruzione, la gioia della ritrovata normalità e la straordinaria potenza di sentimenti che si scatena al vedere gli alpini che tornano a Gemona. Ora, grazie agli occhi delle donne di Gemona, riesco a capire e persino a condividere quei sentimenti. E non mi sento più fuori luogo