Applausi a catinelle

    0
    79

    Sono le otto del mattino quando mi reco alla tribuna più importante dell’Adunata. Faccio fatica ad aprirmi un varco tra la folla. Per l’intero percorso è ormai un brulicare di gente che si è assiepata qui fin dalle prime luci del giorno, per avere garantita una “poltrona in prima fila”. E uno si chiede: ma chi glielo fa fare? Tutto quel tempo in piedi, quando basta essere anche solo in terza fila per dover allungare il collo, come le giraffe, giusto per garantirsi di vedere qualcosa. Mi chiedo queste cose e poi penso che, in alcune circostanze, non sono solo gli occhi che portano dentro immagini e regalano emozioni. Sono tutti i sensi che entrano in gioco, come quando passiamo davanti ad un panificio e il profumo del pane ci manda richiami e tentazioni contro la dieta.

     

    Le Adunate sono così, una sorta di gioiosa placenta esistenziale, dove uno si sente immerso, dimentico delle problematiche della vita. Tra poco inizieranno a sfilare gli alpini, le fanfare accompagneranno il loro incedere, con i ritmi cadenzati sui cento passi… gli speaker inonderanno l’aria delle loro voci. Non importa se non si capisce tutto, l’importante è quel sottofondo acustico, come la colonna sonora di un film d’azione, che ti mette in scena mentre va in scena l’azione delle penne nere. Vado alla tribuna e incrocio gli alpini del servizio di vigilanza. Sono lì da ore, con tanta adrenalina in corpo, perché sanno di non poter sbagliare neppure una mossa. Difficile fare un compito del loro sacrificio.

    Davvero se riposeranno, lo faranno una volta tornati a casa. Per ora sono stati come angeli silenziosi. Invisibili e senza gloria, ma indispensabili. Giungo a destinazione. Manca ancora un’ora all’inizio della sfilata, ma il mondo mediatico presente è già in fibrillazione. Tecnici e giornalisti delle Tv, fotografi, commentatori delle Sezioni sono già in postazione. Capisci quanto sia importante ancor oggi il lavoro dell’inviato, lontano anni luce da un giornalismo di Agenzia o da scrivania, dove le emozioni non entrano neppure con la flebo. È lì, sul campo, che bisogna catturare il cuore degli avvenimenti, perché ti entri dentro e tu lo possa far rivivere sui media per cui lavori.

    Finalmente arriva il tempo dell’Adunata. Il tono si fa più solenne, mentre il cielo sembra smentire le sibille che davano diluvio ad intermittenza. Sopra Pordenone e nel catino di montagne che abbraccia la città, c’è posto solo per una frizzante aria che spazza nubi e preoccupazioni. La scenografia della sfilata regala un viale interminabile, dritto come una schioppettata, che sembra essere stato progettato apposta in previsione di questa scadenza. E così la festa ha inizio. È lo scintillio delle 215 Medaglie d’Oro, fissate sul Labaro, a dare il là alla cerimonia. 215 eroi, giusto per non dimenticare, che poi è il motivo per cui gli alpini sono nati e continuano a radunarsi. Senza di loro e senza il loro ricordo, tutto potrebbe trasformarsi in folclore. Sfila il Labaro che si ferma davanti alla tribuna d’onore, vegliato per tutto il tempo della sfilata da due membri del Consiglio Direttivo Nazionale. Sono lì a rappresentare gli alpini di tutta Italia, come si conviene per esprimere rispetto ed onore. Subito dopo sarà la Bandiera del 3° Reggimento artiglieria da montagna, con le sue medaglie, a scendere in campo davanti ad un pubblico che già ha cominciato a scaldarsi battendo le mani.

    A seguire le delegazioni all’estero. Alpini che hanno cercato fortuna lontano dalla loro Patria, ma che non perdono occasione per tornare a inzuppare di nostalgia e di fedeltà il pane del loro cuore. Poi è la volta degli alpini d’Italia, quelli delle isole, del Sud… dai più lontani ai sempre più vicini. Un serpente colorato, una geometria di senso dell’ordine, di spirito di Corpo… interminabile, come interminabile può essere il passaggio di ottantamila persone. Anche i numeri raccontano il peso di un’Associazione, benché la qualità non dipenda da essi. Di tutto questo se ne accorgono le istituzioni, dal Presidente del Consiglio al ministro della Difesa, dal presidente della Regione Friuli a quello del Veneto…

    Sono venuti, ma non per fare passerella. Si fermano a lungo a guardare quel popolo con la penna nera e capiscono che esso non può essere solo un bacino elettorale. I valori e la forza di bene, che gli alpini sono per il Paese sono qualcosa su cui riflettere e su cui andare a progettare il destino delle nuove generazioni. Così lasciano intendere gli ospiti importanti e così staremo a vedere. Anche il cielo ad un certo punto, andando verso la conclusione della festa, si mette di traverso. Acqua e grandine sulle Sezioni delle città vicine a Pordenone e sui padroni di casa. Scene al limite dello stoicismo, che vedranno gli alpini imperterriti, quasi fieri di sfidare le avversità, sfilando davanti al Labaro e davanti al loro presidente nazionale. Ma la gente non sarà da meno. Altrettanto imperterrita, aspetterà il concludersi dell’Adunata, ancora assiepata alle transenne del percorso. Tanti “grazie alpini”, gridati a gran voce, che solo a pensarci mettono la pelle d’oca. Quanto basta comunque per dire: grazie italiani e grazie Pordenone.

    Luca Di Stefano