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Il 3 settembre, in attesa del grande raduno del Triveneto nel Centenario della Grande Guerra, la Sezione di Vittorio Veneto, come da tradizione, ha organizzato il 46º raduno al Bosco delle Penne Mozze. Numerose, oltre un migliaio, le penne nere trevigiane, venete, provenienti anche da fuori regione, perfino dalla Sicilia, a dimostrare una calorosa vicinanza al luogo della memoria per eccellenza, costato tanti anni di lavoro agli alpini trevigiani che hanno concretizzato l’idea di Mario Altarui.
Era il 3 settembre 1967: quel giorno, alla presenza tra gli altri del Ministro della Difesa Tremelloni e del Presidente nazionale dell’Ana Ugo Merlini, veniva inaugurato il Memoriale degli alpini alla Colletta di Pala. Nel bronzo ci sono incisi i nomi di quasi settecento penne nere «a guardare d’ogni parte i monti, le valli da cui discesero e ai quali non tornarono…». Sono i ragazzi dei battaglioni Intra, Pallanza, Monterosa, Valtoce, oltre agli artiglieri, ai genieri e agli addetti ai servizi che salutano con la scritta: “Noi siamo gli alpini caduti per l’Italia”.
L’Associazione “Military Historical Center” di Udine, presieduta dal ten. Roberto Machella, in collaborazione con le Associazioni d’Arma della Regione Friuli Venezia Giulia e del Gruppo di coordinamento “Albo d’Oro”, che ha sede presso la Sezione Ana di Udine, ha omaggiato i 529.025 soldati Caduti, dando prova di riconoscenza per il tributo di sangue dato da tutte le famiglie italiane per la Patria.
Quarantacinque anni fa, durante un campo invernale in località Villalta (Curon Venosta), morirono sette giovani alpini travolti da una valanga. Erano del 5º reggimento, di stanza alla caserma Wackernell di Malles, sede del glorioso battaglione Tirano. Era ancora buio quando il mattino del 12 febbraio 1972, la compagnia del 5º Alpini lasciava la malga Villalta, dove aveva trascorso la notte, per salire la stretta Val Zerzer che si unisce alla Val Slingia in alta Val Venosta.
Nel 2002 in una zona povera del nord est del Brasile, l’allora Presidente della Sezione Bassano del Grappa Bortolo Busnardo e gli alpini della Sezione hanno costruito una scuola materna ed elementare che oggi ospita 250 bambini dai 3 ai 12 anni. La scuola è stata intestata a “Mauro Bonotto”, un ragazzo morto in un incidente in montagna e finanziata dalla famiglia di Mauro.
Il gagliardetto del Gruppo di Oleggio è arrivato al campo di concentramento di Mauthausen, portato in bicicletta dall’alpino Gianpaolo Sonzini (nella foto). Un viaggio nella memoria, ma non solo. Partito da Oleggio, pedalando per chilometri in una cornice dove la natura l’ha fatta da padrone, Gianpaolo, in sella alla sua bicicletta, è passato dalla Svizzera, dalla Germania e dall’Austria per arrivare nella città bagnata dal fiume Inn che durante la Seconda Guerra Mondiale vide compiersi disumane tragedie.
Sono rimasto sorpreso dal tono della risposta alla lettera di Alberto Baldani, “Il finto alpino” (numero di agosto-settembre 2017). Da te mi sarei aspettato ben altro, non il commento ironico che ho letto. Ci rendiamo conto? Uno, presunto amico degli alpini, pensa di avere il diritto di indossare il cappello alpino perché alle adunate o alle feste ci sono ambulanti che li vendono.
È normale che in certi momenti e in determinate situazioni, si creino delle aspettative alte. Quando poi si è sul campo e si tocca con mano, succede che la realtà superi quello che ci si è immaginato e allora il semplice orgoglio di far parte della grande famiglia alpina va oltre, diventa emozione. Un sentimento che nasce dentro e ti porta a dire “Complimenti, ragazzi!”. E “Fiumi Sicuri 2017”, è stato questo: l’esercitazione del 2º Raggruppamento nella Bassa Bergamasca, che ha coinvolto 980 volontari di Lombardia ed Emilia Romagna, dispiegati in 17 cantieri nei territori di 12 Comuni con il grande campo base a Scanzorosciate.
«Ben 110 persone nella storia delle Trasmissioni della Protezione Civile dell’Ana non si erano mai riunite, non avevano mai davvero lavorato gomito a gomito, non avevano mai raggiunto risultati e standard di così alto profilo…». È soddisfatto Luca Zanoni, coordinatore nazionale delle Trasmissioni, nel saluto di chiusura, a Costalovara, il 1º ottobre, della 1ª esercitazione nazionale delle Trasmissioni Ana, e, come si diceva una volta, ne ha ben d’onde.
Alla Taurinense il generale Massimo Biagini è di casa. Non solo perché da luglio dello scorso anno ne è il comandante, ma soprattutto perché è la realtà dove ha mosso i suoi primi passi da ufficiale ed è nato e cresciuto professionalmente.
Ho letto la lettera di Luigi Di Meglio su L’Alpino di agosto-settembre e non ho saputo tacermi. Il ragionamento che lui fa è coerente per chi, nella vita, ha cercato il posto sicuro (ed essere dipendente statale ne è la massima espressione), ma lontano da chi è alpino. Sono un Capogruppo Ana della Sezione di Colico (sergente del Susa), figlio di un reduce di Russia del Morbegno; ho vissuto lavorando, per 40 anni, nei cantieri di mezzo mondo e credo che sei mesi di servizio per la Patria, chiamatelo militare o civile, equivarrebbero, per me, ad una “vaccinazione contro l’apatia” dei giovani odierni.
Grazie alla costanza di Renato Bucchioni, a Debeduse (La Spezia), in occasione dei festeggiamenti del patrono San Pietro è stato ricordato l’alpino Gino Cecchi con una targa commemorativa posta nel paese natale del giovane eroe. Gino Cecchi nasce il 31 marzo 1922 da Oreste e Giulietta Cecchi. La famiglia è composta da cinque maschi e due femmine. Gino frequenta fino alla terza classe le scuole a Borseda, poi la quarta e la quinta a La Spezia.