A dare l’ultimo saluto a Nardo Caprioli, il presidente emerito andato avanti la mattina del 2 luglio, sono venuti a Bergamo tanti alpini da ogni parte d’Italia, tanto che la chiesa di Santa Maria delle Grazie non li ha potuti contenere: centinaia sono rimasti all’esterno ad assistere al rito religioso celebrato nella basilica di Santa Maria delle Grazie dall’arcivescovo mons. Gaetano Bonicelli, già ordinario militare, dal parroco monsignor Valentino Ottolini e dal cappellano del Centro Addestramento Alpino di Aosta don Flavio Riva, bergamasco come Bonicelli. Bandiere a mezz’asta sugli edifici pubblici della città per il lutto cittadino decretato dalla Giunta comunale.
Il corteo funebre è mosso da piazzale degli Alpini lungo viale Papa Giovanni XXIII fino alla chiesa. In testa il Labaro scortato dal presidente nazionale Sebastiano Favero seguito dal Consiglio Direttivo Nazionale, dal vessillo della sezione di Bergamo con il presidente Carlo Macalli e da una trentina di vessilli e oltre trecento gagliardetti. Presenti il gonfalone della città con il sindaco Franco Tentorio e quello della Provincia con il presidente Ettore Pirovano.
Il parroco si è rivolto dapprima alla moglie Anna e ai figli Roberto, Giorgio, Marco e Luciana, poi agli alpini per ricordare il suo parrocchiano “di taglia storica, che non ha mai avuto orizzonti limitati, neanche fra le mura domestiche”. Per questo si comprende “tutto il bene che ha fatto”.
“Giornata solenne e maestosa”, l’ha definita questa dei funerali mons. Bonicelli all’omelia, ed ha ricordato che Caprioli ha dato un volto nuovo all’Associazione alpini, quello del volontariato. Si è abbandonato ai ricordi e agli episodi vissuti insieme, dall’incontro con Giovanni Paolo II all’inaugurazione della casa per disabili di Endine Gaiano.
E rifacendosi al brano del Vangelo di Matteo sulle Beatitudini ha parlato della virtù che ha caratterizzato Nardo: la mitezza, abbinata alla tenacia nel realizzare i progetti. Virtù confermata dal figlio Giorgio che con un nodo in gola ha dato l’ultimo saluto al padre: “Mi diceva sempre di pensare con la mia testa, di dire quello che pensavo e di fare quello che dicevo”. Infine il presidente nazionale Favero ha ricordato “i momenti intensi vissuti insieme a Nardo in terra di Russia”, la commozione del presidente, reduce, nel visitare i luoghi che gli ricordavano la tragedia vissuta e i compagni che non ci sono più. E poi l’impegno di costruire a Rossosch, che fu un luogo di morte, una testimonianza di vita e di speranza: un asilo.
“Lascia un esempio di una guida sicura, di attaccamento alla famiglia, agli alpini e all’Associazione, della cui trasformazione è stato uno degli artefici al motto “Ricordare i morti aiutando i vivi”. Perché gli alpini, come dice la preghiera scritta dallo stesso Caprioli, letta da Favero in chiusura del suo intervento hanno “armi forti: un cuore per amare e le braccia per lavorare”.
Il rito, accompagnato da una ensemble di cori della Sezione, si è concluso con la lettura della “Preghiera dell’Alpino” e il canto del “Signore delle cime”. La sepoltura è avvenuta in forma privata.
L’ultimo saluto.