Incontro con le autorità a Teatro Galli

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Gli alpini hanno incontrato e ringraziato la città di Rimini e la Repubblica di San Marino nel meraviglioso Teatro Galli, rinato tre anni fa dalle ceneri in cui era stato ridotto nella Seconda guerra mondiale. Un incontro ricco di sensazioni positive, espresse da tutti gli intervenuti, concordi nel sottolineare i significati veri e profondi dell’essere alpini, con tutto quel che comporta: formati nel senso del dovere in una disciplina non formale ma sostanziale, abituati all’impiego in montagna, in cui nessuno va lasciato indietro e lo sforzo si misura sempre sulle possibilità del più debole, gli alpini sono abituati a rispondere “presente” ogniqualvolta ci sia da aiutare la comunità, a cominciare dai fratelli più deboli.

Lo ha ricordato anche don Vincenzo Barbante, Presidente della Fondazione don Gnocchi, il beato alpino la cui opera ha ispirato alcune delle più grandi opere in Italia e nel mondo e che adesso si sta adoperando anche a favore delle popolazioni dell’Ucraina, travolte dalla tragedia della guerra. Un impegno che, lo ha ricordato il Presidente Sebastiano Favero, vedrà agire anche l’Associazione Nazionale Alpini (che peraltro già ha avviato alcune iniziative a favore della gente di quel Paese) a fianco proprio di questa Fondazione.

L’incontro è stato anche l’occasione di consegnare due riconoscimenti: uno all’Atleta dell’anno (premio istituito in occasione del 150° di fondazione del Corpo degli Alpini), che è andato a Omar Visintin, del Centro Addestramento Alpino di Aosta, che ha vinto due medaglie nello snowboard alle ultime Olimpiadi invernali a Pechino e l’altro al Giornalista dell’anno, individuato in Beppe Severgnini, che ha scritto il libro “Un italiano” insieme al gen. Francesco Paolo Figliuolo, presente sul palco assieme al comandante delle Truppe Alpine, gen. Ignazio Gamba.

Severgnini ha ricordato in un breve intervento che “gli alpini sono gente seria” e che dopo aver conosciuto Figliuolo non ha avuto esitazioni nello scrivere con lui questo libro che racconta la vita e le scelte del generale alpino divenuto commissario straordinario per il contrasto alla pandemia in Italia (nella quale ha potuto avvalersi anche della collaborazione di tutti i volontari dell’Ana, che in un anno hanno prestato 5,4 milioni di ore di lavoro gratuitamente). Lo stesso Figliuolo ha poi sottolineato quanto abbia inciso positivamente nella sua vita e nelle sue varie esperienze la formazione come alpino. “L’attuale situazione in Ucraina – ha commentato Figliuolo, attuale comandante del Comando Operativo di Vertice Interforze – ci fa sperare che prevalga il buon senso, ma noi militari dobbiamo, e possiamo, continuare ad impegnarci addestrandoci per garantire sicurezza al nostro Paese”.

Il gen. Gamba ha quindi ricordato come sia indissolubile il legame tra gli alpini in armi e quelli in congedo dell’Ana, due facce della stessa medaglia, ispirate da identici sentimenti e valori, da trasmettere sempre tenacemente, perché chi non conosce il proprio passato non può avere un futuro.

Proprio questa osservazione ha offerto al presidente dell’Ana Sebastiano Favero l’occasione per sottolineare come sia importante riconoscere il significato vero dell’istituzione, all’unanimità, da parte del Parlamento della giornata del 26 gennaio come Giornata del valore e del sacrificio alpino: “C’è chi si è concentrato solo asetticamente sulla data – ha detto – senza considerare quello che è chiaramente espresso nell’art.1 di quella legge e cioè che con questo provvedimento si intende riconoscere il valore del messaggio e dell’impegno che sono derivati dalla tragica esperienza di Russia, ovvero quelli dell’amore, della solidarietà, del desiderio di pace di quanti volevano solo tornare a baita e che una volta tornati non hanno mai smesso di adoperarsi a favore dei più deboli e dei più sfortunati. Noi – ha sottolineato – non siamo contro nessuno, noi siamo sempre ‘per’, a favore di chiunque abbia bisogno. Ed è anche per questo, per trasmettere questi valori, che abbiamo avviato felicemente lo scorso anno l’esperienza dei campi scuola per i giovani dai 16 ai 25 anni: l’anno scorso 4 campi, che quest’anno diventeranno 12. Perché non è vero che i giovani non hanno valori – ha concluso il presidente – hanno solo bisogno di apprenderli e quando lo fanno rispondono sempre. È un messaggio che vogliamo far passare anche a chi ci governa, perché si adoperi pensando al ruolo dei nostri giovani, soprattutto per il futuro della nostra Patria. Noi alpini ci siamo e intendiamo in questo continuare ad esserci”.