In Bolivia per amore

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Nove mesi fa sono partito per Munaypata – La Paz, Bolivia – con il centro missionario di Bergamo. Ho lasciato il lavoro e la mia famiglia per un progetto che forse avevo già in testa da anni, ma che ora ho finalmente deciso di realizzare. Vivo con i padri Andrea Mazzoleni, Fabio Calvi e un altro volontario come me, Antonio Bettoni. La nostra comunità conta circa 60mila persone e il collegio della parrocchia è frequentato da duemila ragazzi circa, tra livello primario e livello secondario, ovvero ragazzi dai 6 ai 17 anni. È proprio con questi ragazzi che io collaboro, tenendo lezioni individuali e prove di gruppo, cercando di insegnar loro a leggere la musica e a stare insieme.

 

La mentalità certo è diversa e anche il modo di fare lezione, tanto che ho dovuto cambiare totalmente il mio atteggiamento con i ragazzi… ma devo dire che sta andando alla grande! Con alcune donazioni fatte da amici ho cominciato a comprare strumenti nuovi per la banda, come trombe, eufoni, la lira e le bacchette per i percussionisti, ma manca ancora molto materiale, a partire dalle divise e da alcune percussioni. La bella notizia è che abbiamo vinto il concorso per bande della nostra zona, ricevendo complimenti dai direttori degli altri complessi che hanno riconosciuto al nostro corpo musicale di avere qualcosa in più. Oltre all’impegno per la banda, aiuto il coro, cercando di fare un po’ di musica nuova e cercando di insegnar loro a cantare anche a più voci. È una bella sfida, sono ragazzi dai vent’anni in su e non è facile organizzare le prove e avere sempre la loro attenzione.

Tra le mille cose che mi sono portato dall’Italia non poteva mancare il mio cappello alpino: un ricordo e un modo per farmi forza quando qualcosa non va. Mi ricorda i momenti di naja nel coro BAT (Brigata Alpina Tridentina) e soprattutto gli incontri che hanno sempre visto la musica grande protagonista. Lasciare tutto è una bella scelta, un salto nel vuoto… io, questo salto, l’ho fatto con il cuore ed è per questo che lo sto vivendo bene. Mi manca la mia famiglia, mi mancano i miei amici, ma sentivo di dover restituire qualcosa a questa Terra che mi ha visto nascere. Ho avuto la fortuna di essere stato adottato e di studiare musica, ecco perché credo che ora sia giusto poter dare la stessa possibilità a questi ragazzi che vivono in un mondo completamente diverso dalla nostra Italia, soprattutto qui sulle strade di periferia dove spesso ci sono violenza, droga e abusi. La musica può rappresentare una valida alternativa per cambiare vita e poi gli Alpini mi hanno insegnato che “donare vuol dire amare”.

Pietro Guerini