Rubrica aperta ai lettori.
Sono un diabetologo, e per dieci anni ho organizzato la gita per diabetici del mio ospedale, gita a rischio perché camminare consuma zucchero e si rischia l’ipoglicemia. È stato bello vedere gente, dai più considerata finita, ritrovare il sorriso e la fiducia in se stessi è stato, almeno per quel giorno, come se fossero guariti. Ma sono anche alpino e mi stupisco sempre, leggendo i nostri giornali, come oltre ai raduni, ben poche volte si parli di gite in montagna. Abbiamo sì le squadre agonistiche, ma ai vecchietti come me nessuno pensa. Il CAI di Torino ha organizzato le gite del mercoledì per gli anziani, più modeste, ma pur sempre gite in montagna. In luglio con altri tre alpini e il nostro gagliardetto siamo saliti al Rocciamelone (3.538 m.) e ci sembrava di essere ritornati giovani, aiutando chi faticava, accarezzando con lo sguardo i fianchi del monte, coi suoi fiori, i suoi odori, la sua luce. Perché le sezioni oltre alle cene e ai tornei di scopa non organizzano ogni tanto una gita sociale?Che siano 4 o 40 è lo stesso, è lo spirito che conta. Ci siamo conosciuti in montagna cementando la nostra amicizia col sudore e la fatica: ormai sono sempre di meno coloro che in Russia o in Grecia lo hanno fatto anche col sangue, ma lo spirito è sempre quello. E poi camminare è la miglior prevenzione per l’arteriosclerosi, l’obesità, il diabete. Approfittiamone.
Raffaele Castellazzi Torino
Non si può chiamare folklore quello visto ad Aosta, quello visto a Trieste e, per ultimo, quello rivisto a Parma. Dopo aver sfilato nelle prime ore del mattino ad Aosta con la mia sezione, tornando dall’Adunata, con stupore ho incontrato automezzi che trasportavano ‘trabiccoli’ che non rappresentano certo la nostra Associazione. Posso testimoniare che queste persone non sono venute per sfilare! Chi deve richiamare queste persone alla disciplina? Forse è giusto ricordare ad esse che la nostra Associazione è e rimane un’Associazione d’Arma. Al 9º CISA ho riscontrato che il richiamo alla disciplina associativa del consigliere nazionale Sandro Rossi deve essere accolto da ogni sezione, da ogni gruppo, da ogni socio iscritto all’Associazione. Da Asiago 2006, che per noi vuol dire Ortigara, cioè ritorno alle origini, un pò di disciplina non guasterà. Bisognerà trovare il coraggio (o la volontà) di identificare queste persone dentro ogni sezione. Guardando al futuro dell’Associazione non dobbiamo aver paura di perdere qualche associato: i fatti, le opere, i comportamenti di ogni giorno stanno a testimoniare che siamo capaci di stare al passo con i tempi, come del resto è sempre avvenuto coi nostri padri, che iniziarono proprio ad Asiago nel lontano 1920. La futura consistenza dell’A. N.A. dipenderà dalla nostra qualità. A tutti gli alpini, e soprattutto ai più giovani, un arrivederci sull’Altipiano di Asiago per dimostrare la qualità del seme posto ottantasei anni fa dai nostri padri, per dimostrare che questo seme non è morto, anzi, è diventato testimonianza di attaccamento alla nostra storia e ai nostri valori. Agli altri, che ho chiamato persone , dico: se non volete accettare un po’ di disciplina, state a casa!
Giovanni Camesasca Capriano di Briosco (MI)
Lo scarpone canavesano , prima del CISA di Imperia aveva lanciato un’idea, risultata vincente: introdurre l’attualità nel giornale sezionale, pena il rischio di ridurre il giornale stesso ad un asfittico illeggibile bollettino. Due sono gli obiettivi che il giornale sezionale deve perseguire: quello storico istituzionale di cassa di risonanza delle decisioni della direzione nazionale, di esaltazione della leggenda degli alpini e della solidarietà tra alpini e verso chi ha bisogno, la cronaca delle manifestazioni locali, ecc. Secondo obiettivo è quello di introdurre nel giornale l’aria fresca dell’attualità, il commento a quello che succede nel mondo che ci circonda, in modo di informare ed orientare i lettori alpini. Necessariamente e nobilmente volto al passato il primo obiettivo, proiettato verso il futuro il secondo. È dall’armoniosa fusione di questi due elementi che i nostri giornali possono trarre vigore, crescere, interessare e quindi essere letti con piacere ed attenzione. A questo progetto giornalistico è stata contrapposta una critica incomprensibilmente auto riduttiva, secondo cui i giornali sezionali dovrebbero trattare solo le notizie locali, mentre la trattazione dei temi alti della politica nazionale ed internazionale dovrebbero essere riservati ha suggerito uno dei congressisti ai giornalisti professionisti. Tesi non meditata, avanzata senza cognizione di causa, inaccettabile sia in linea di principio (impedendo così ai direttori di dare il loro contributo alla soluzione dei problemi dell’Associazione), sia in linea di fatto. Un altro principio cardine è stato confermato a conclusione del convegno: l’assoluto rigoroso rigetto di ogni politica partitica. Diversamente finiremmo per trovarci iscritti nel libro paga di questo o quel partito. Sarebbe la fine dell’Associazione. Nessuna politica partitica dunque, ma solo politica alpina, cioè politica di difesa dei valori che noi abbiamo posto a fondamenta del nostro essere alpini: amor di Patria, prima di tutto e senza discussioni, memoria di chi è Caduto, esaltazione delle leggenda degli alpini, solidarietà per chi ha bisogno, la cultura del dovere che viene prima di ogni diritto. Insomma il nostro inalienabile patrimonio. D’altra parte la storia insegna che chi crede di scegliere di non fare politica s’illude. Infatti prima o poi arriva il momento in cui sarà la politica ad interessarsi di lui, imponendogli le scelte volute da altri. Non è mancato infine chi ha espresso preoccupazione per eventuali fughe in avanti di chi, trattando la delicata materia dell’attualità, si lascia prendere la mano uscendo dal seminato. L’obiettivo deve essere quello di remare nella stessa direzione nel rispetto di una condivisa disciplina associativa. Magari secondo linee da concordarsi anno per anno, con L’Alpino, secondo le direttive della direzione nazionale. Bando quindi ad ogni esasperato antistorico nazionalismo, ma ferma difesa dell’interesse nazionale, come si conviene a buoni italiani, come ha ribadito il presidente nazionale Corrado Perona, che a sua volta ha condiviso la proposta de Lo scarpone canavesano . Concludendo Lo scarpone canavesano si è presentato al convegno della stampa alpina non per sollecitare applausi ma per evidenziare problemi e proporre soluzioni. Il risultato raggiunto appaga l’impegno profuso.
Antonio Raucci