Zona franca

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    Rubrica aperta ai lettori.

    I manufatti della Grande Guerra

    Ho letto su L’Alpino di febbraio dell’intervento della signora Marina Tofful: una visione pessimistica della situazione e dello stato in cui versano i manufatti della Grande Guerra specie in corrispondenza delle montagne carnico friulane. Credo che la Signora Tofful non sia ben informata e che non si renda conto di cosa significhi intervenire su strutture fatiscenti e realizzate con materiali di circostanza, con personale volontario spesso privo di capacità tecnica (ma, per fortuna, armato di tanta buona volontà), in un arco di tempo limitato ai mesi estivi se non ai soli fine settimana. Poiché è impensabile intervenire su tutto il campo di battaglia, è necessario polarizzare l'attenzione su significativi obiettivi, in grado di far comprendere al visitatore le loro caratteristiche e quanto sacrificio sia costato, anche in vite umane, l'aver operato in condizioni non certo ideali. Considerando che esiste anche una normativa che pone dei limiti drastici, possiamo dire di avere posto le mani in numerosi settori che talvolta creano dei malcontenti fra i volontari. Più volte, infatti, questi benemeriti del volontariato (alpini e non alpini, donne e ragazzi compresi), sono costretti ad interrompere le loro fatiche in quanto valutate dagli organi di controllo non rispondenti ai sacri canoni. E quando si è costretti a modificare un intervento che sembrava valido, ci si ritrova con l'amaro in bocca e l'entusiasmo alquanto ridotto. Proseguendo nella lettura della Signora Tofful, si ha la sensazione che a salvare talune strutture siano stati soltanto gli austriaci sul Pal Piccolo (leggasi colonnello Schaumann, di recente scomparso) senza contare che ad iniziare i lavori di ricupero di zone significative siamo stati noi del 4º Corpo d’Armata Alpino, nel 1973, sull’Ortigara, con il colonnello Fossati di o­norcaduti. Solo dopo è arrivato Schaumann, con il quale ho collaborato a più riprese. A loro volta la Tridentina e la Cadore concorrevano anche con personale proprio alla realizzazione dei musei all’aperto di Passo Limo, Monte Piana, Lagazuoi, Monte Croce Carnico ecc.. Nel frattempo i carnici non stavano con le mani in mano: anche loro si sono dati da fare e con il concorso di numerosi alpini in congedo hanno realizzato a Timau il museo storico, il monumento alle Portatrici Carniche, il servizio al Tempio Ossario, il riordino della viabilità minore per accedere alle posizioni del Freikofel e del Pal Grande, i lavori per il museo all'aperto del Freikofel, per il quale la prossima estate è prevista l'inaugurazione dell'impianto di illuminazione e di sicurezza delle gallerie ricovero alla presenza dell'Arcivescovo di Udine. Quanto sopra esposto per correggere le espressioni della signora Tofful, che ritengo non rispondenti alla realtà.

    Generale (ris) Adriano Gransinigh Tolmezzo

    I giovani e la guerra

    Quando noi ragazzi della nuova generazione vediamo immagini della guerra che ci bombardano quotidianamente, o quando ci chiediamo perché questa parola sia ancora così presente nella nostra quotidianità, forse non ci rendiamo conto del suo reale significato. È bastato un giorno di novembre, il 7 per la precisione, perché quelle immagini traspirassero attraverso foto sbiadite dal tempo e negli occhi lucidi di chi la guerra l’aveva vissuta, sulla propria pelle. I racconti di quegli anni si sono materializzati davanti a noi attraverso stendardi e gonfaloni portati con fierezza dai gruppi di Corvaro, Borgorose, Torano, nelle parole della Preghiera dell’Alpino letta con trasporto dalla voce tremante di Adelio Ranucci, nelle note dell’Inno di Mameli o in quelle tristi e prive di parole del silenzio. Anche una piccola frazione come quella di Collemaggiore, ha voluto rendere omaggio alla memoria dei suoi Caduti in modo solenne, coinvolgendo le varie generazioni della nostra comunità. Alla celebrazione in chiesa accompagnata dalle note del coro Polifonico di Corvaro è seguita una processione che ha visto in prima linea il Tricolore, una corona dedicata alla memoria dei Caduti e la presenza dei reduci della nostra comunità. Il culmine della giornata è stato l’arrivo ai piedi del monumento che è stato restaurato grazie al duro lavoro e all’impegno di tutte le persone della nostra comunità. Sotto una pioggia battente, quasi a voler cancellare dalla memoria quei tristi ricordi, noi giovani abbiamo imparato il senso della parola rispetto: non solo per tutti i nostri nonni e zii che hanno preso parte ai combattimenti e ora non ci sono più, ma anche per tutti coloro che sono tornati vivi e che attraverso i loro racconti rappresentano una testimonianza reale che vale più di mille pagine scritte. Infine, il rispetto per il monumento che d’ora in poi non ci lascerà più indifferenti ma che richiamerà la nostra attenzione e il nostro sguardo su quella lista di nomi, che oggi come ieri resta e resterà sempre un segno tangibile della nostra comunità.

    Marianna De Luca Roma

    Grazie a Roma e agli alpini della P.C.

    Scrivo ancora sotto l’impressione delle immagini trasmesse per televisione da Roma. Le cerimonie in occasione del funerale del Papa Giovanni Paolo II hanno richiamato a Roma uomini e donne da ogni parte del mondo e la capitale d’Italia è stata, almeno per un giorno, il centro del mondo. Per giudizio unanime anche della stampa tedesca, spesso prevenuta nei confronti del nostro paese, la città di Roma e le forze dell’ordine italiane hanno saputo superare una prova difficile con molta bravura. Il controllo e l’assistenza di una tale massa di pellegrini ha richiesto da tutti uno sforzo eccezionale. Tra le forze dell’ordine impiegate a Roma ho intravisto spesso molte penne nere, che suppongo facessero parte del servizio di Protezione civile. Ritengo sia doveroso far conoscere a tutti i soci dell’ANA quanto è stato fatto in questa settimana dal servizio di Protezione civile a Roma, attraverso l’opera degli alpini.

    Franco Matteucci Wolfsburg (Germania)