Zona franca

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    Rubrica aperta ai lettori.

    È contrario al proselitismo

    Che fare per garantire continuità alla nostra Associazione, visto che gli organici delle Truppe alpine si riducono? Questa è la domanda dell’editoriale apparso su L’Alpino di febbraio 2004, e la risposta è: sin da ora intensificare l’opera di proselitismo fra coloro che, pur avendo fatto la naja alpina, non sono ancora iscritti . A tale proposito esprimo il mio parere partendo dalla situazione del mio gruppo che può certamente non coincidere con la situazione degli altri gruppi, ma tant’è! In base a questa situazione non sono disposto ad accettare tale esaltante sfida perché non ne vedo l’utilità. Mi spiego. Finchè la naja è stata un’esperienza positiva e formativa, era abbastanza sentito il desiderio dei congedati di iscriversi all’ANA: bastava un piccolo incoraggiamento da parte del gruppo. Da 10 15 anni a questa parte non è più così. Parlando con i congedati è raro trovare qualcuno che porti con sé dei ricordi; la maggior parte ha vissuto il servizio militare con un senso di inutilità, immersi in tante comodità anziché in prove faticose (ma qualificanti!) come ricordo io quelle di 40 anni fa. Non stupisce quindi che da parte loro non ci sia lo stimolo ad entrare nell’Associazione. Essendo il mio gruppo (91 soci e 13 soci aggregati) un gruppo di paese (Rivara ha 2200 anime) mi è sempre stato facile contattare i congedati ed invitarli in Associazione, offrendo loro (da parte del gruppo) il bollino per il primo anno di iscrizione. Più per cortesia che per convinzione, quasi tutti hanno sempre accettato, ma dopo il 1º o 2º anno sono regolarmente spariti. Orbene, io conosco tutti gli alpini del paese: quelli che, nonostante gli inviti, non si sono mai iscritti (per le più varie motivazioni) e questi ultimi che si sono defilati quasi subito. Se accettassi la sfida proposta farei un buco nell’acqua; supposto, infatti, che riuscissi ad incrementare il numero dei miei iscritti, non avrei portato nulla di valido nel gruppo, ma mi sarei semplicemente caricato di una zavorra inutile. Concordo, invece, con quanto apparso su L’Alpino di ottobre 2003, nell’articolo alpini si nasce : credo che il futuro dell’Associazione sia in quella direzione.

    Michele Cavallo Rivara (Torino)

    Ridateci la leva!

    Ho appreso dalla stampa che alla Camera dei Deputati è stato approvato il disegno di legge che anticipa dal 2007 al 2005 l'effetto della sospensione del servizio militare obbligatorio. Ritengo sia la fine di un'epoca e un momento triste per la nostra Patria. Si tratta della peggiore riforma militare attuata dall'unità d'Italia ad oggi, una riforma che porterà l'Esercito ad essere più una struttura impiegatizia e una fonte di posti di lavoro che una forza armata a difesa e per la sicurezza per la Nazione. Altre nazioni, soprattutto europee, hanno optato per una soluzione intermedia. Sia ben chiaro: questa decisione non è legata all'appartenenza dell'Unione Europea come qualcuno vorrebbe far credere! L'Italia ha voluto optare per una soluzione radicale che non si sa dove porterà, tenendo conto delle misere risorse destinate alle Forze Armate e del serbatoio di volontari che sembra sia in via di esaurimento. La nostra struttura militare, mi sembra, e vorrei eventualmente una smentita, è sostanzialmente leggera, più per compiti di polizia che come strumento militare vero a difesa del territorio, e questo per scelte politiche ben precise fatte nel passato e nel presente che ora si ripercuotono in termini pesanti, nell'indifferenza generale. Terminando, è necessario un controllo più attento per la Difesa. Una Difesa seria, efficiente ed oculata ci renderebbe più liberi e meno ‘sudditi’ degli alleati; forse, è solo un'ipotesi, non ci sarebbe stato il caso ‘Ustica’ senza certe sudditanze. La difesa della Patria non può essere delegata ad altri. I nostri giovani, soprattutto del nord, non possono delegare ad altri i compiti come la difesa della libertà, delle istituzioni repubblicane e della Patria che spetta a loro! Si deve avere il coraggio di ritornare indietro. Sia il servizio di leva ripristinato nei dovuti modi e maniere, in relazione anche agli impegni internazionali, anche ridotto, forse, ma in modo efficiente ed efficace! Lo si chieda a viva voce: c'è ancora spazio se c'è la volontà e l'ANA deve riprendere la battaglia contro le scelte politiche fatte. Ha la forza e troverà sostegno illimitato negli alpini. Dovrà avere il coraggio di fare nome e cognome di tutti quegli o­norevoli parlamentari e senatori che non hanno mantenuto la promessa fatta. Sia ben chiaro: non si chiede il ripristino della leva per salvare l’Associazione. Lo si chiede per il bene della Patria e della Nazione! Non esistono salvataggi come quelli proposti nei due articoli apparsi ne L’Alpino : l’uno peggio dell’altro! Tantomeno si vuole morire, anche perché gli alpini hanno ancora molto da dare.

    Arcangelo Murzio Brendola (Vicenza)

    Sottotenenti di complemento

    Non ero al corrente del provvedimento del governo in merito all’abolizione della figura dell’ufficiale di complemento. Ne sono rimasto sorpreso, dispiaciuto, addolorato. Io ho fatto il 32º corso AUC: 15 febbraio inaugurazione a Lecce, poi dal 4 maggio alla SMALP ad Aosta, caserma Chiarle, fino al 7 agosto. Non diventai ufficiale per motivi che non sto a dirle. Ma quei 3 mesi hanno segnato moltissimo la mia vita, in senso positivo. Mi sono sempre sentito alpino dentro, anche se non sono confluito nei reparti. Ma ne ho acquisito la mentalità. Parecchi amici mi hanno seguito, alcuni negli alpini, altri nei carristi o in fanteria. Si partiva ragazzi, si tornava uomini. Io partii a 21 anni e mezzo, festeggiai i 22 quel mese di giugno alla Chiarle con tanti compagni, amici. Bei ricordi. E quei sei mesi li ricordo ancora con tanta nostalgia. E ricordo quel capitano, si chiamava Ettore Riccio, ed era considerato un dio in terra. Qualche anno fa ho ritrovato, nei miei viaggi di lavoro, il mio primo comandante di plotone, l'ex sottotenente Olivo Fioravanti. Lo ricordavo insegnante di lettere, l'ho ritrovato avvocato a Schio. È stata una rimpatriata fantastica. Da anni seguo con rabbia la distruzione delle truppe alpine. Prima l'Orobica, la brigata dei milanesi e lombardi, poi la Cadore. Ricordo nel '91 la sfilata a Milano: vi portai mio figlio, allora aveva 10 anni e rimanemmo in piazza Duomo fino alle 15. Nel 1972 andai all'altra sfilata a Milano, mescolandomi in mezzo a quei ragazzi, eterni ragazzi, con nostalgia. Un giorno, tutto questo finirà. Peccato. L'Italia non sa cosa perde. Solo due mesi fa suggerivo a mio figlio di tentare il bando di concorso per diventare ufficiale di complemento nell'Esercito. Non speravo scegliesse gli alpini, bastava anche la fanteria. Ora scopro che è finita. Ho comunicato questa notizia a tanti amici e tutti 1'hanno appresa con meraviglia, stupore, incredulità, rabbia, dolore, nostalgia.

    Carlo Gobbi Milano

    Lo show del Costanzo show

    A proposito della leva obbligatoria, e del programma di Maurizio Costanzo (pro abolizione della leva, n.d.r.) lasciatemelo dire, ma mi meraviglia che ancora siamo capaci di meravigliarci di fronte a tanta spazzatura! E mi meraviglia che riusciamo ancora a meravigliarci quando si parla di leva obbligatoria e dei relativi valori. Infatti, tutto fila con lucida e tremenda coerenza: l’abolizione della leva è soltanto l’ultimo atto di una ideologia che parte da lontano e che si sostanzia in una frase: abolizione di o
    gni impegno e di ogni ostacolo della vita. È la stessa idea per la quale a scuola non è necessario studiare, non è possibile bocciare, non è possibile giudicare il lavoro degli scolari, pena gravissimi traumi per le loro tenere menti non abituate ad essere smentite, nemmeno di fronte all'errore. È la stessa ideologia per cui il dovere civico è sempre quello degli altri, mai il nostro. La stessa mentalità che cerca nei nostri fallimenti cause esterne a noi stessi. Insomma, quella perversa idea per cui la menzogna ha gli stessi diritti della verità. In questo andazzo è ormai cresciuta un’intera generazione e come possiamo meravigliarci che Costanzo trovi un pubblico compiacente ?Nulla di più facile che convincere e piacere ad un uditorio, già convinto di per sè delle cose che gli vengono propinate. Una cosa soltanto rivendico, ormai: che queste interviste e questi confronti non pretendano di chiamarsi giornalismo. Questo è un altra cosa: è proprio quello strumento democratico che dovrebbe aiutare il cittadino a distinguere il vero dal falso. Alla stregua di questo parametro lascio a chi ha visto quel penoso programma il giudizio su di esso ed il suo imbonitore.

    Alberto Quagliotto Maser (Treviso)