Zaino a terra per Alfonsino

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    Non è difficile per chi ha conosciuto da vicino il nostro Direttore generale, Alfonsino Ercole, immaginarlo su una ipotetica poltrona, sopra le nuvole, intento ad assistere al suo funerale. Gli occhi scrutatori semichiusi dalle palpebre a coppo, la bocca piegata in una smorfia, in quello che Un momento dell’ultimo saluto ad Alfonsino Ercole. di fatto era un sorriso compiaciuto, ma sempre sotto controllo, per non lasciare trasparire quanto orgoglio lo riempiva in quel momento. Orgoglio per l’ambientazione delle esequie, celebrate dentro il mausoleo di Possagno che custodisce i resti del suo figlio più noto, quel Antonio Canova ideatore della struttura e che il mondo ci invidia per il genio delle sue opere scultoree e artistiche in generale. A volerlo portare qui era stata la figlia, l’unica figlia, che vive con la famiglia in un paese limitrofo. Ma soprattutto era stato il Presidente, Sebastiano Favero, a far sì che questo accadesse. Portare a “casa sua” il suo Direttore generale, raccontava il senso di riconoscenza e di stima che voleva esprimere con questa scelta. Come nei momenti più impegnativi, quando anche le parole sono rallentate dalle emozioni, il Presidente ha voluto ricordare, all’inizio della liturgia, quanto Ercole fosse stato prezioso nel suo servizio. Di lui ha evidenziato quante volte gli fosse stato di aiuto, col suo stile da politico raffinato, nel risolvere questioni spinose e nel dargli preziosi consigli, come sanno fare solo gli amici veri. Ma l’orgoglio di Ercole deve aver toccato i vertici davanti alla marea di vessilli e gagliardetti provenienti da tutta Italia. Una cosa da far venire la voglia di “morire sul campo”, dirà più tardi scherzosamente il celebrante. Non è di tutti i giorni vedere un omaggio di simile portata. Un funerale di… Stato verrebbe da dire, esagerando ma non troppo. Certamente non era soltanto il ruolo all’interno dell’Ana ricoperto da Alfonsino a giustificare tanta cerimonia. Era piuttosto il suo curriculum di cittadino e di alpino. Chi fosse Alfonsino Ercole lo ha tratteggiato brevemente il celebrante, mons. Bruno Fasani, direttore de L’Alpino e suo amico da molti decenni. Ne ha ricordato l’intelligenza acuta, che lo ha portato a ricoprire molteplici incarichi pubblici come amministratore e come politico. Del politico aveva la passione innata e la stoffa per esserlo a tutto tondo. Questo si traduceva in una capacità di mediazione straordinaria, in grado di smussare gli spigoli e muoversi nei meandri della complessità, fatto che a qualcuno poteva dare l’impressione di inclinazione al compromesso. Ma di Ercole emergeva anche la passione alpina, respirata nelle sue radici montane, che lo ha portato a ricoprire ruoli importanti nel panorama locale e nazionale. Per lunghi anni Presidente della Sezione di Verona, sua città di origine e di residenza, poi vice Presidente nazionale, vice Presidente vicario e, per ultimo, Direttore generale. Come per i soldati di valore, la morte gli ha consegnato le medaglie. Quelle della stima e dell’affetto, che la terra del Canova, dipinta di bandiere e di alpini per un giorno di addio, gli ha tributato come si fa coi grandi.

    Luca di Stefano


    Alfonsino Ercole è “andato avanti”. Un malore lo ha colto nella sua casa veronese, a Caldiero: ricoverato in ospedale a Trento non è riuscito a superare la crisi. È davvero difficile per me riuscire ad esprimere tutti i sentimenti che si affollano attorno al dolore per questa perdita. Una perdita, sicuramente, per la grande famiglia alpina, a cui lui tanto ha dato, sino agli ultimi giorni, tanto che domenica scorsa aveva partecipato alla “Giornata della memoria e della riconoscenza” a Palazzolo sull’Oglio. Ma una perdita anche per chi, come me, lo ha avuto a lungo come compagno di viaggio tra le penne nere, presenza sempre discreta, ma preziosa in tutti i ruoli per la saggezza dei consigli e l’accortezza nelle scelte comportamentali. È stato per me un vice Presidente vicario importante, sia per la sua capacità di appianare gli aspetti spigolosi di qualunque rapporto, sia per l’atteggiamento sempre rassicurante. Ora aveva assunto anche il delicato compito di Direttore generale dell’Ana, ruolo in cui era entrato con il consueto spirito di servizio, sempre proteso al bene dell’intera Associazione. Classe 1943, Alfonsino era nato a Badia Calavena, nel veronese: laureato in giurisprudenza, dirigente aziendale, aveva frequentato il 49º Corso allievi ufficiali alla Scuola Militare Alpina di Aosta, per poi servire come sottotenente nel battaglione Feltre del 7º reggimento alpini. Nell’Ana ha sempre recitato ruoli di primo piano, tra cui quello di Presidente della Sezione di Verona, tra il 1999 e il 2007, quello di consigliere nazionale, dal 2003, sino a rivestire la carica di vice Presidente nazionale vicario. Da quest’anno era diventato come detto Direttore generale, ma ha dovuto posare a terra questo zaino troppo presto. Un grande alpino, un grande uomo: a lui, in primo luogo come amico, va tutta la mia personale riconoscenza; alla sua famiglia l’abbraccio affettuoso dell’intera famiglia alpina.

    Sebastiano Favero