Un Corpo per la gente

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    Gen. Gamba, nel 2022 il Corpo degli Alpini compie 150 anni: quale significato ritiene di dare a questa ricorrenza?

    La domanda mi fa pensare che 11 anni dopo l’unità d’Italia, a Napoli, il Re firma il decreto che dà origine alle truppe alpine. Quindi, innanzitutto, Storia nella Storia di un giovane Stato europeo che si è sempre dotato di strumenti organizzativi per tutelare la propria popolazione e il proprio territorio: in tale importante contesto gli alpini, da subito (terremoto di Messina del 1908…) e le Truppe Alpine dell’Esercito, adesso (lotta alla pandemia) hanno sempre dato prova di essere all’altezza in ogni emergenza. Per farlo gli alpini, come componente dell’Esercito, hanno sempre dimostrato di essere pronti a sostenere la difesa del Paese e a fornire supporto alle attività di stabilizzazione e gestione delle crisi a livello globale, come anche oggi stanno facendo in diversi continenti.

    Dalle compagnie chiamate nel 1872 a difendere le “loro” vallate siamo passati a uno strumento militare più evoluto. Gli scenari di impiego sono diventati più complessi, ma quanto conta ancora il Dna di truppe da montagna?

    L’ambiente montano forma e modella l’alpino come uomo, come soldato e comandante. Fin da giovani ci viene ripetuto che “la montagna è scuola di vita”: chi fa l’alpino deve imparare dalla vita in montagna, conoscere tale ambiente e trarne ogni giorno insegnamenti per far meglio come uomo, soldato e comandante. Anche se oggi non siamo più chiamati a difendere le nostre vallate, recenti attività operative in luoghi simili in continenti lontani hanno dimostrato che quanto imparato da alpino è stato fedelmente messo in pratica anche a supporto di altre popolazioni.

    Molti non sanno che gli alpini si addestrano per svolgere, oltre ai compiti militari, una serie di servizi molto importanti per la comunità, quotidianamente e nelle emergenze. Può farci alcuni esempi?

    Questo è il punto di forza degli alpini e dell’Esercito: addestrarsi ogni giorno per assolvere a precisi compiti assegnati per legge ed essere pronti, rapidamente, a intervenire nelle emergenze, dove fanno premio tempestività e organizzazione. Questa forma mentis e questo modus operandi sono trasmessi come punti di forza ai giovani, sia a quanti hanno svolto il servizio in precedenza e ora operano da volontari all’interno delle associazioni d’Arma, sia per gli alpini in servizio, alcuni dei quali si dedicano anche a forme di volontariato a favore della popolazione. Mi riferisco chiaramente all’Associazione Nazionale Alpini con cui si è creato un eccellente rapporto tra alpini in servizio e in congedo, per essere tempestivi ed efficaci nelle emergenze. In proposito, la Vardirex (Various Disaster Relief Exercise) rappresenta una continua forma di collaborazione addestrativa, per reagire sempre meglio nelle emergenze a favore della popolazione e dove l’Esercito è chiamato a concorrere alle attività degli organismi preposti.

    Il Corpo degli Alpini può contare su quel formidabile serbatoio di valori, consenso e supporto che è l’Ana: come percepisce e valuta il rapporto tra penne nere in servizio e in congedo e può indicarci i principali modi di interazione?

    Non voglio essere “partigiano” nell’esaltare quanto l’Associazione Nazionale Alpini fa e produce, ma è un’autentica fortuna operare a fianco di una struttura fortemente e disciplinarmente organizzata, in cui sono riconosciuti come parametri di riferimento competenza e professionalità. Non esagero quando parlo di modello strutturale di volontariato e, con il vostro Presidente e amico Sebastiano Favero, credo fortemente che l’Ana vada ancor più valorizzata come insieme di italiani legati moralmente e materialmente a valori e tradizioni trasmessi nel tempo da altri italiani “andati avanti” lasciando come eredità, appunto, un modello di produttività e operatività a favore del Paese, che tutti abbiamo il dovere di continuare a migliorare.