Vivai alpini

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    Per gli alpini è stata un’estate piena di soddisfazioni. Centinaia ragazzi con un’età dai 9 ai 16 anni hanno partecipato ai campi scuola organizzati dalla Protezione Civile Ana su tutto il territorio nazionale. Da inizio giugno a fine agosto i volontari e le strutture Sezionali interessate si sono messe a disposizione per un progetto a cui l’Associazione attribuisce grande valore educativo e formativo in un’età in cui il giovane è maggiormente sollecitato a conoscere e ad imparare.

    L’attività dei campi è fondamentale per rinvigorire la socialità, il confronto con gli altri in un ambito diverso dalla scuola, la capacità di ascoltare e vivere la giornata secondo scadenze e regole imposte, come quella più evidente di non avere il cellulare sempre a disposizione. Se ci pensiamo bene alcuni di questi elementi erano simili a quelli vissuti da un diciottenne che andava a naja e varcava la carraia per la prima volta. Facendo un passo corto molti associano il servizio militare alle armi, ma prima di avere un’arma in mano in caserma occorreva fare un percorso in cui imparavi a capire con chi eri, di cosa facevi parte e perché. L’addestramento non consisteva solo nel fare centro quando sparavi. Era prima di tutto altro: disciplina e responsabilità, confronto, spirito di cooperazione e di gruppo, amicizia. Elementi che i volontari Ana hanno cercato di trasmettere ai giovani durante questi mesi estivi, con ottimi risultati.

    Vedere venti, trenta ragazzi di buon mattino cantare l’Inno con la mano sul cuore e gli occhi al tricolore che sale al cielo è un’immagine che si scontra pesantemente con i fatti portati alla luce dalla cronaca e che vede protagonisti due giovani che hanno rubato la nostra bandiera dal pennone della sede degli alpini di Vittorio Veneto e trattandolo come un cencio lo hanno dato alle fiamme. “Lo abbiamo fatto per noia” avrebbero confessato ai Carabinieri che li hanno scovati. Relegare un atto simile ad una semplice bravata non sarebbe corretto. E il fatto che siano o meno italiani ha poca importanza perché questo caso evidenzia non solo l’inattitudine del duetto famiglia-scuola a garantire un’educazione, ma soprattutto sancisce una difficoltà cronica all’integrazione sociale, nel senso più estensivo del termine, ovvero che interessa tutti quanti e non solo chi ha diversa provenienza o credo.

    In questo quadro un incentivo potrebbe essere costituito dall’insegnamento dell’educazione civica come materia negli istituti scolastici. Dopo l’approvazione della legge ad agosto però, il parere negativo del Consiglio Superiore della Pubblica Istruzione ha fatto slittare al prossimo anno l’introduzione di questo utile strumento, motivandolo con la necessità di preparare delle linee guida per renderne più efficace la sperimentazione nelle scuole. La sensazione è che in questo ambito il nostro Paese sia in ritardo.

    Gli alpini con le loro idee, i loro principi e anche la loro esperienza, ci stanno provando e ce la stanno mettendo tutta, consci che quello dei giovani è un vivaio da curare e coltivare con attenzione perché è legato al nostro futuro.

    m.m.