“Viva l’Italia!”

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    Cento anni fa, il 6 aprile 1921, nasceva a Monticello d’Alba (Cuneo) Pietro Augusto Dacomo, Medaglia d’Oro e d’Argento al Valor Militare, fulgido esempio di fede e di eroismo che le future generazioni mai dovrebbero dimenticare. Ultimo dei cinque figli di papà Tommaso e mamma Francesca, Pietro frequentò i cinque anni del Ginnasio presso il Seminario Vescovile di Alba per poi trasferirsi a Bra dove completò i tre anni del corso magistrale, ottenendo il diploma “con brillante risultato”.

    Responsabile della Gioventù Italiana di Azione Cattolica albese, il 28 febbraio 1941 venne chiamato alle armi con destinazione la Smalp di Aosta. Nominato sergente a giugno, partì per Bassano del Grappa dove seguì il corso Auc. A marzo 1942, ottenuti i gradi da sottotenente, fu assegnato al II Battaglione del 104º Reggimento della divisione alpina Cuneense, stanziato in Jugoslavia. Il 7 giugno 1943 il reparto di scorta comandato da Dacomo cadde in un’imboscata a Rutte di Gracova, nella valle del torrente Coritenza. Augusto fu colpito da una pallottola nemica alla spalla destra, attraversandola da parte a parte. Benché ferito, il giovane comandante, visto cadere il capo arma tiratore del fucile mitragliatore, ne prese il posto e continuò a fare fuoco contro il nemico fino a quando riuscì a metterlo in fuga. Solo allora accettò di essere soccorso e trasportato al posto di medicazione. Il suo gesto venne ricompensato con la Medaglia d’Argento al Valor Militare.

    Pietro fece ritorno a Monticello d’Alba per la convalescenza e qui venne raggiunto dalla notizia dell’armistizio dell’8 Settembre. Scelto il nome di battaglia “Pier Damiani” diede vita al gruppo “I ribelli di Monticello”, con cui venne in contatto con le formazioni partigiane che operavano nella zona di Bra. A inizio 1944 entrò, con il grado da tenente, nelle formazioni autonome guidate dal maggiore Enrico Martini “Mauri”, attive in Val Corsaglia e Val Casotto. In quest’ultima, il 13 marzo 1944, le truppe tedesche sferrarono una massiccia offensiva che durò, tra aspre battaglie, fino al 16 marzo quando i partigiani italiani vennero accerchiati e catturati.

    Alcuni furono fucilati sul posto, altri nell’eccidio del Campo di Ceva. Pietro Augusto Dacomo e gli altri ufficiali Domenico Quaranta, Ettore Ruocco e Innocenzo Contini da Ceva vennero trasferiti al Regio Riformatorio di Cairo Montenotte (Savona) dove i nazi-fascisti, volendo estorcere loro notizie sulle cellule partigiane della zona, li sottoposero a numerose e indicibili torture. Ma dalla bocca dei quattro ufficiali nulla trapelò, nemmeno il loro vero nome. Dopo trentun giorni di maltrattamenti e senza alcun processo, i quattro furono condannati a morte. La fucilazione avvenne in località Buglio, all’alba della domenica del 16 aprile 1944. Dacomo cadde al grido di “Viva l’Italia!”.

    Per sommo spregio da parte dei carnefici, le quattro salme vennero portate al cimitero sopra un carro della spazzatura e gettate in una fossa comune. Solo il 15 maggio 1945 i quattro martiri della libertà otterranno una degna sepoltura. In seguito saranno tutti decorati con la Medaglia d’Oro al Valor Militare. Monticello d’Alba ha intitolato a Pietro Augusto Dacomo le scuole elementari, una piazza e un monumento. Una via lo ricorda ad Alba, un cenotafio al Sacrario di Bastia Mondovì e una lapide a Pamparato. Cairo Montenotte ha dedicato ai quattro eroi un monumento, eretto sul luogo dell’esecuzione, e una lapide posta sulla facciata del Regio Riformatorio, oggi scuola di Polizia Penitenziaria.

    Elio Stona