Vite in un libro

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    Si sono ritrovati a settembre, in Val di Ledro, 53 anni dopo la fine del servizio militare. Una giornata tra commilitoni; bella, come quelle che sanno vivere gli alpini, arricchita dall’onore agli amici “andati avanti”, da una visita di interesse storico (in questo caso i luoghi della battaglia di Bezzecca) e dall’immancabile festoso convivio finale, con rituale foto di gruppo. Ma i veci della Compagnia alpini paracadutisti del 3º scaglione 1966 portano nello zaino qualcosa che li distingue nel panorama conosciuto ed affettuoso delle rimpatriate di penne nere: un libro.

    Sotto l’occhiello “Dio non ci ha dato le ali ma ci ha dato il coraggio di volare”, sulla copertina è riprodotto un simpatico disegno, sintesi iconica della loro naja, con tanto di alpino che si lancia dal cielo con un normale ombrello. L’autore è Mariano Magnabosco “con i commilitoni del 3º/’66”. Il testo, però, non si limita a raccontare l’esperienza militare (peraltro con incredibile precisione e ricchezza di particolari, grazie al diario manoscritto tenuto in quei 434 giorni da uno di loro, Giancarlo Donini).

    Prosegue con un’inedita operazione di testimonianza e memoria collettiva. Se si escludono infatti i sedici nel frattempo “andati avanti” (il libro è stato ultimato a fine 2017), nelle 150 pagine si trovano raccontate le vite intere di quella settantina di ragazzi che mezzo secolo fa visse un’intensa (e durissima) esperienza militare: raccontate sino ai giorni nostri, ora che sono tutti nonni nel vero senso del termine, con tante fotografie di mogli, figli e nipoti. Uno spaccato amplissimo di vita che dà invidiabile intensità al legame che unisce questi uomini e che sottolinea ancora una volta profondità e valore dei legami creati dalla comune esperienza di servizio militare.

    Questa avventura umana e documentale è nata dallo slancio di Roberto Magrograssi, gardesano originario di Gaino (frazione di Toscolano Maderno), che in occasione dell’Adunata di Udine del 1996 fece una puntatina a Gemona alla ricerca del commilitone Franco Pittini: l’emozione di ritrovarsi fu tale che Roberto decise di rimettere insieme almeno una volta all’anno tutti quei “mai strac”. Il primo appuntamento fu nel 1997, a Desenzano e, da allora, non si sono più persi di vista. L’intensità del loro rapporto è andata sviluppandosi a tal punto che il libro si è imposto quasi come una necessità.

    Quest’anno Roberto in Val di Ledro non c’era, è “andato avanti” anche lui: i suoi commilitoni sono andati sulla sua tomba e hanno cantato per lui. Una tromba ha eseguito il Silenzio fuori ordinanza; un suo nipotino ha deposto fiori: un giorno, quando saprà leggere, poserà gli occhi sulle vite di quelli del 3º/’66. E completerà un altro cerchio della vita.

    ma.cor.