VALLECAMONICA Edolo: una chiesa per don Gnocchi e i Caduti

    0
    116

    Il gruppo di Edolo ha ricordato gli alpini del battaglione Edolo caduti in tutte le guerre, erigendo una chiesetta a Mola, a 1.700 metri, e intitolandola al beato don Carlo Gnocchi cappellano alpino in terra di Russia durante il secondo conflitto mondiale. La progettazione dell’opera, a cura dell’architetto Fausto Bianchi, e la sua realizzazione, ha visto, per tre anni, la collaborazione gratuita di oltre 70 persone fra iscritti al Gruppo e simpatizzanti impegnate per oltre 5000 ore di lavoro oltre all’aiuto di singoli cittadini, di ditte ed enti che hanno offerto materiali e denaro. Nei giorni precedenti l’inaugurazione il coro della sezione Vallecamonica e la fanfara alpina Montenero di Torino hanno riscaldato il cuore degli edolesi con coinvolgenti esibizioni.

    La domenica solenne benedizione ed inaugurazione della chiesetta: sulla stretta strada di alta montagna una breve sfilata delle numerose rappresentanze; lancio di paracadutisti del battaglione Cervino che dal cielo hanno portato la bandiera Italiana, issata poi sul pennone al suono dell’inno d’Italia, consegna delle chiavi della chiesa al parroco di Edolo don Giacomo Zani e infine il saluto del capogruppo, Augusto Tevini, e del sindaco di Edolo Vittorio Marniga. Il consigliere nazionale Ferruccio Minelli ha portato il saluto del Consiglio Direttivo Nazionale, presenti i consiglieri nazionali Geronazzo e Crugnola, l’ex vice presidente nazionale Lavizzari ed il vice presidente della sezione Ballardini.

    È seguita una toccante testimonianza di Ugo Balzari, reduce di Russia, che fu scorta a don Carlo Gnocchi nei terribili momenti di Nikolajewka. All’esterno della chiesetta, la Messa è stata concelebrata dal nunzio apostolico mons. Morandini, da mons. Bazzari, presidente della Fondazione don Carlo Gnocchi, dal parroco di Edolo, da mons. Tosi e dai curati don Federico e don Giuseppe. La fanfara alpina Montenero ha accompagnato i momenti salienti della Messa.

    Sebastiano Savardi

    Pubblicato sul numero di gennaio 2011 de L’Alpino.