Uomini delle passioni felici

    0
    90

    Sembra apparentemente contraddittorio il dibattito dentro il Palasport di Rimini. Da una parte il Presidente Favero che parla dell’Ana, definendola una associazione gerarchica, nemica dei protagonismi individualistici. Dall’altra una tavolozza infinita di volti, cappelli, gagliardetti, vessilli, convocata qui per ascoltare la voce di chi vive sul territorio, sperimentando fatiche ma anche la stima sconfinata della gente.

    In realtà la contraddizione è solo nella malafede di chi volesse vedere quello che non c’è, perché senza una guida dall’alto e senza indicazioni condivise, anche la migliore delle famiglie finirebbe sbriciolata sotto l’anarchia dell’individualismo. Forse l’esserci riempiti la bocca della parola democrazia, senza valutarne premesse e condizioni di sussistenza, ha finito per distrarci facendoci dimenticare che senza guide autorevoli e principi condivisi, anche la libertà finisce vittima delle piccole dittature delle maggioranze di turno.

    C’è un libro molto bello che circola nelle librerie. Ha per titolo Le passioni tristi e l’hanno scritto degli psichiatri francesi i quali sostengono che ormai nei loro studi non vanno più quelli che soffrono di patologie psicologiche individuali. Il nuovo malessere è sociale e nasce dalla percezione di un futuro che non è più speranza, promessa, ma rischia di colorarsi di buio. La notte dell’incertezza: senza lavoro, senza ideali per le nuove generazioni, con le attese che si spengono sotto il senso di precarietà, insicurezza e inquietudine. Sono passati solo pochi giorni dalle feste natalizie e di Capodanno. Nelle nostre case sono arrivati Babbo Natale, Gesù Bambino, Santa Lucia a portare i doni. Quasi sempre si trattava di doni… prenotati e la cosa mi faceva riandare alla mia infanzia.

    Giusto per chiedermi: che cosa è cambiato da allora? È cambiato che le nostre attese erano sogni, speranze, desideri. Che non sempre si realizzavano, anzi quasi mai. In compenso aprivano scenari di aspettative, che diventavano creatività e passione, come abito dell’animo per guardare avanti, pensando in grande.

    Oggi anche il regalo è diventato un bisogno, previsto e senza alternative, da soddisfare il prima possibile, in attesa di sapere quale sarà il prossimo. E così, lentamente ma inesorabilmente, il bisogno ha seppellito il desiderio e, con esso, la speranza e la passione per realizzarlo. Tutto questo per chiederci: cosa c’entrano gli alpini? Penso spesso che sono tre i filoni sui quali si muove la nostra vita associativa: la storia che ci sta alle spalle, l’orgoglio di appartenervi e la responsabilità di portare avanti questa storia.

    Al primo filone va ricondotta la ricerca fatta con sempre maggiore rigore per lasciare che siano i fatti a parlare, senza bisogno di infiorarli. All’orgoglio va dato riconoscimento senza che esso si esaurisca in una retorica, che ci fa belli con i meriti degli altri. Al terzo filone, quello della responsabilità, va ricondotto un ruolo straordinario che ci sta davanti, quello di dire al nostro tempo che da noi non esiste la solitudine, perché stare insieme è ancora possibile, senza far ricorso alle… protesi della comunicazione, facendo il bene gli uni degli altri.

    Gli alpini oggi sono una delle poche realtà capaci di scrivere con la vita il libro delle passioni felici. Quelle che ci vedono uniti, evitando la rissosità, la polemica, il pettegolezzo, la demolizione calunniosa degli altri, l’arbitrarietà di protagonismi pieni di supponenza e di presunzione. Non vi sembri poco. Il mondo starà meglio a una sola condizione: se lo libereremo da queste tossine.

    Bruno Fasani