Obbedienza del cuore

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    È un colpo d’occhio il Palasport di Rimini “decorato” di alpini. È un canto di colore, tra le bandiere che garriscono, mosse più dall’entusiasmo che dalla brezza di queste parti. Guardi gli alpini e ti viene ancora una volta la domanda: ma chi sono davvero questi uomini col cappello in testa? E ti trovi ancora lì a cercare una risposta, convinto com’eri di sapere già tutto. Li guardo da sotto gli spalti mentre prendo appunti e la prima cosa che mi viene è dire che sono degli obbedienti. In una stagione della storia dove ognuno è portato a seguire la cometa del proprio punto di vista, gli alpini sanno ancora obbedire.

    Perché si fidano, sostanzialmente. Riconoscono che nessuno di noi potrà mai fare qualcosa di bello muovendosi come un cane sciolto. Loro non hanno paura ad avere qualcuno che sta davanti, quando gli riconoscono l’autorità morale con cui esercita il proprio ruolo. Lo ricorderà anche il Presidente Favero il valore dell’obbedienza. In un’associazione d’Arma, la libera uscita del pensiero e dei comportamenti non può venire prima del bene collettivo. Sono venuti in tanti a Rimini, per quello che è stato il primo appuntamento dei capigruppo, per discutere di futuro associativo ma anche di problemi concreti vissuti ogni giorno sul territorio. Gente del fare, ma per una volta tanto anche uomini del parlare, come ha ricordato il Presidente ospitante, Vittorio Costa.

    Un appuntamento che è diventato anche un assaggio di quella che sarà la prossima Adunata, quasi un anticipo di ciò che è la terra di Romagna e di quello che sono gli alpini, orgoglio d’Italia, quando si incontrano insieme. E la passione romagnola si è avvertita da subito nello straordinario slancio morale del sindaco di questa città, Andrea Gnassi. Con un dotto excursus storico, ha ripercorso le tracce di un passato remoto di grande rilevanza, quasi un allenamento storico a fare delle strade di questa terra una opportunità di incontro, indicando nell’accoglienza la cifra più eloquente del carisma del luogo. «Chi viene qui è un fratello e chi decide di fermarsi rimane per sempre». Sarebbe però ingenuo pensare che il sorriso della Romagna sia senza fatiche. Rimini è stata bombardata 386 volte. Uno dei suoi figli più illustri, Sergio Zavoli, in una delle sue opere, ricordava i tempi delle macerie, quando i ragazzi sentivano l’odore del sangue e della distruzione.

    Qualcosa di funesto che, come ebbe a dire, cambiò soltanto quando si cominciarono a vedere affissi i primi manifesti funebri. Fu solo allora che si tornò a capire che si moriva uno alla volta. A rappresentare i 24 Comuni della provincia, il Presidente Rizziero Santi, il quale ha avuto gioco facile a disegnare scenari di festa per i giorni dell’Adunata. Una reciproca contaminazione, come ha voluto sottolineare, in un incontro ideale tra il senso di ospitalità dei romagnoli e il calore umano portato dagli alpini.

    Ha poi voluto parlare del perché del successo di questa Regione, avvenuto soprattutto attraverso lo spirito cooperativo, dove la ricerca del bene comune ha rappresentato la vittoria sulla frammentazione delle ideologie. Incisivo e quanto mai significativo l’intervento del Segretario della Repubblica di San Marino, Marco Podeschi. C’era tanto orgoglio, ma anche tanta passione civica nelle sue parole, quando ha ricordato che la sua piccola (in senso geografico!) Patria è sempre stata protagonista nel condividere le fatiche dei tempi bui della storia. Lo fu durante la Prima guerra mondiale, quando allestì un ospedale da campo dove venivano accolti uomini e donne che portavano le ferite delle terre del fronte. E lo fu durante la Seconda, quando 100mila sfollati vennero accolti e messi al riparo dalla violenza che colpiva il Paese.

    Memorie storiche per ricordare un’affinità morale con gli alpini, col loro darsi da fare per gli altri e la gioia di spartire un incontro che resterà nella memoria di queste terre. A introdurre i lavori dell’incontro, il Presidente Sebastiano Favero, il quale ha voluto ringraziare gli oltre mille capigruppo presenti, in rappresentanza di 65 Sezioni italiane e 3 Sezioni all’estero. «Voi siete la nostra forza» ha esordito, ricordando che la loro presenza capillare sul territorio è funzionale a “seminare” i valori nei quali crediamo. «Oggi è difficile dialogare – ha proseguito il Presidente – perché il nuovo credo in circolazione è l’individualismo. Noi siamo una associazione d’Arma, attenta alla memoria e al ricordo che vengono prima di noi e dei nostri punti di vista. Quelli che sono “andati avanti” sono la nostra storia e con il loro esempio ci hanno mostrato quanto sia importante stare insieme e camminare insieme.

    Essere associazione d’Arma ci ricorda inoltre che la nostra organizzazione è verticistica, vietandoci così il pericolo di sentirci e di comportarci come se fossimo autonomi. Non ci possono essere realtà sganciate che procedono per proprio conto, convinti come siamo che la nostra forza è operare in modo univoco». Favero ha poi ricordato le fatiche di un capogruppo, ma anche i meriti. Perché se la gente crede negli alpini, questo è per merito di chi lavora capillarmente sul territorio. Così come ha voluto rincuorarli sul futuro dell’Ana, perché pur non essendoci oggi le condizioni politiche per riaprire i giochi sulla leva obbligatoria, è pur vero che il nostro riferimento è la Costituzione italiana, la quale recita testualmente: «La difesa della Patria è sacro dovere del cittadino. Il servizio militare è obbligatorio nei limiti e modi stabiliti dalla legge.

    Il suo adempimento non pregiudica la posizione di lavoro del cittadino, né l’esercizio dei diritti politici». «La Costituzione italiana non può essere citata a fasi alterne in base agli interessi del momento», ha ribadito con forza il Presidente. E mentre ricordava che nel dicembre 2017 è stata firmata una intesa per l’istituzione di un Corpo ausiliario alpino, invitava i capigruppo a diffondere questa sensibilità e questi principi. La risposta è venuta da un grande applauso, sincero e prolungato. Un atto di condivisione e un’obbedienza del cuore.

    Bruno Fasani

    Voce ai capigruppo

    All’incontro di Rimini ho avuto importanti spunti per l’attività del mio Gruppo, ma non solo. La cosa che per me è stata più evidente è il riscontro che ho avuto a livello nazionale ad alcune osservazioni che avevo fatto in passato al mio Presidente sezionale, ad esempio quella sulla scarsa copertura dei servizi Rai durante l’Adunata. Ho notato che questa rimostranza è giunta al Presidente nazionale che ne ha parlato ed è stato applaudito. Noi siamo un piccolo Gruppo giovane (si è sciolto nel 1933 ed è rinato nel 2008) e le attività che ci interessano maggiormente sono quelle dei campi scuola con i giovani. Capiamo quanto siano importanti perché questo Stato non ci dà più alpini, noi siamo sempre più anziani e vediamo il buio dietro. Quindi ho gradito anche il discorso sulla possibilità di avere una naja o una mininaja. Ho trovato l’incontro utile anche per confrontarci apertamente. Mi è piaciuto il richiamo alle regole fatto da alcuni capigruppo, come quello relativo alle iscrizioni che devono essere sempre vagliate da noi responsabili. Nella mia realtà non è capitato ma alcuni si sono trovati degli iscritti al Gruppo di cui non sapevano nulla, perché probabilmente si sono rivolti direttamente in Sezione. Sono invece d’accordo con altri capigruppo sul premiare chi non è alpino ma ci segue: agli Aggregati che stanno con noi da tanti anni e ci danno una grande mano dobbiamo dare un forte riconoscimento, se lo meritano.

    Cipriano Baratta Capogruppo di Montechiaro d’Acqui (Alessandria)

    Uno degli argomenti che ha più coinvolto è stato quello del servizio obbligatorio e della mininaja che garantirebbe un ricambio al nostro interno. Gli interventi sono stati numerosi ma li ho trovati talvolta ripetitivi e superflui anche in considerazione del fatto che su questo tema l’attività con le istituzioni viene realizzata a livello nazionale e il nostro apporto come capigruppo in questa causa è ridotto. Il sostegno che possiamo dare è più a livello emotivo: capiamo infatti la passione del Presidente Favero su questo argomento e abbiamo potuto vederla anche durante i suoi interventi durante le manifestazioni sul nostro territorio. Sui temi legati alla vita del Gruppo posso dire che dopo 18 anni da capogruppo uno dei grossi problemi che sento è il ricambio. In più si fa fatica a rimettere a posto le pecorelle perché nelle piccole realtà molti non abitano necessariamente nel paese dove ha sede il Gruppo; un momento a cui però nessuno manca mai è l’Adunata nazionale. C’è poi il tema della Protezione Civile e dei volontari, molto sentito nella nostra regione terremotata e in particolare nel mio Gruppo: la questione della riduzione del personale, quello degli aggiornamenti operativi e dei limiti fisici e legislativi che l’età dei volontari spesso impone. E la loro tutela nei momenti di tensione che talvolta mi è capitato di vedere in emergenza: si potrebbe ad esempio renderli pubblici ufficiali in modo da dar loro una veste più autoritaria… è un’idea. L’incontro di Rimini è stato interessante e si potrebbe pensare di riproporlo in futuro, al seguito di un’informazione più precisa, perché non ci aspettavamo di poter intervenire e la maggior parte di noi era impreparata.

    Luigi Di Pompeo Capogruppo di Città Sant’Angelo (Pescara)

    Essendo capogruppo da più di trent’anni l’esperienza me la sono fatta sul campo, ma è sempre molto utile potersi confrontare. Il discorso del nostro futuro legato ad un servizio obbligatorio è complesso da affrontare perché credo che le proposte sul tavolo siano difficili da realizzare in questo contesto politico. Penso che la Protezione Civile sia un buon sistema per avvicinare i giovani, come i campi scuola o un servizio civile obbligatorio, richiesti tra l’altro da molte mamme. Queste sono attività che possono insegnare ai giovani il nostro modo di vivere, di fare, di pensare. L’obbligatorietà sarebbe un elemento indispensabile per la riuscita del progetto e se gli alpini si mettessero a disposizione per fare alcuni corsi sarebbe una buona soluzione, che qualcuno ha tra l’altro proposto. Occorre anche studiare bene in che modo far entrare i giovani nella nostra Associazione. L’alpino Cal del Canada, con il quale sono in contatto, racconta che la diminuzione dei soci è un problema quanto mai attuale all’estero che purtroppo preannuncia il futuro nelle nostre realtà, in Italia. Quindi dobbiamo battere tutte le strade possibili, perché se mancano gli alpini perdiamo un pezzo della nostra identità. L’esperienza di Rimini è stata positiva e sarebbe da riproporre, magari facendo prima un sondaggio all’interno dei Gruppi o delle Sezioni per avere una rosa limitata di argomenti o proposte da discutere, in modo che gli interventi non siano sporadici e ci sia una traccia sulla quale lavorare. Così si potrebbe meglio valutare la fattibilità di un’idea, vederne l’inizio ma anche la fine, la realizzazione.

    Guglielmo De Luca Capogruppo di Mansué (Treviso)

    Assaggio d’Adunata

    Il primo maxi incontro dei capigruppo alpini a livello nazionale, con le relative occasioni culturali, i costruttivi dibattiti, il rapporto diretto con i cittadini, gli ottimi e abbondanti momenti di ristorazione, sono stati i banchi di prova con i quali la macchina organizzativa alpina riminese si è presentata con successo per l’Adunata del prossimo maggio. Già il giorno 6, con l’inaugurazione della mostra, dove il filo conduttore si è accentrato sulla storia della Sezione Bolognese Romagnola, mettendo in evidenza come questi caparbi volontari sanno regalare un sogno che annualmente si avvera, dipingendo quel meraviglioso quadro dove la città che li ospiterà gli fa da cornice. Significativo l’umile atteggiamento del nostro Presidente sezionale Vittorio Costa, che pur essendo stato, concedetemi il termine, testa d’ariete nell’intento di portare l’Adunata a Rimini, ha celato il meritato riconoscimento per tale impresa e dare spazio e risaltare la figura di Rodolfo Graziani, capogruppo fondatore del Gruppo riminese. Rodolfo che per primo lanciò questa idea ritenuta folle, non vi era occasione nei nostri incontri, formali o di carattere meramente goliardico, nei quali questo, allora ritenuto sognatore, non ribadisse con forza l’attinenza e relativa attuabilità di fare un’Adunata a Rimini. Il giorno 7, prima di entrare nel vivo del convegno siamo stati affascinati dall’interpretazione del soprano, specie quando ha cantato “Signore delle cime”. Una commozione generale ci ha avvolto, personalmente il mio pensiero si è rivolto a Rodolfo, che pur essendo “andato avanti” era meritevole partecipe sul palco delle autorità. Domenica 8 il calore, non solo del sole che mitigava una giornata di dicembre, ma quello più intenso della grande partecipazione dei cittadini che acclamava il passaggio di noi in sfilata. Doveroso un infinito grazie a tutti coloro che hanno collaborato per rendere splendide queste tre giornate, compreso quell’esercito di azdore (la reggente della casa nelle famiglie contadine, moglie del capofamiglia, n.d.r.) armate di mattarello che hanno preparato quintali di ottime piadine romagnole e non solo. Alpini a Rimini città di mare, concedetemi quest’ultima similitudine di aggregazione alpina, il mare è la moltitudine di gocce che lo compongono.

    Renzo Ronchetti Capogruppo di Anzola dell’Emilia (Bologna)rimi