Uno solo è ritornato

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    Zona del fiume Don, gennaio 1943. Sono quasi quindici giorni che sto camminando coi miei compagni di reparto e a migliaia di alpini, cercando un arrivo che non giunge mai. Ogni tanto qualcuno resta indietro e si accascia. Dobbiamo cercare di stare uniti, anche se il freddo si fa sempre più sentire, come la fame. Da lontano vedo che la fila si allarga: tanti puntini che si sparpagliano nella steppa. Sopraggiungono caccia russi che mitragliano la colonna. Anch’io cerco riparo, ma qui è tutto piatto, prego solo di non essere sulla traiettoria. Il giorno dopo incrocio col mio reparto un’altra colonna di alpini che ripiegano. A un tratto ho un sussulto… ma quello… è il Virginio! È di Locate come me e abbiamo lo stesso cognome: ci conosciamo fin da ragazzini. Ci siamo persi di vista poco prima della guerra e ora ci ritroviamo proprio qui, così lontano da casa e in questo momento così tragico. Ci salutiamo, ci abbracciamo e in quella vicinanza sentiamo il calore della casa lontana e dei nostri cari; ci facciamo forza l’un l’altro. Poi gli dico: «Dai, vieni con me che ci sosteniamo a vicenda, da buoni paesani». Virginio per un attimo sembra dire di sì, ma poi il senso del dovere prende il sopravvento: «…non posso abbandonare i miei compagni di reparto, hanno bisogno anche di me. Non ti preoccupare, ci vediamo fra qualche giorno, fuori da questo inferno». Si allontana in una direzione diversa rispetto alla nostra: lo seguo con lo sguardo fino a quando si confonde col biancore della neve. Chissà qual è la strada giusta… qui non si capisce più niente… dobbiamo solo andare avanti… senza fermarci. Carlo e Virginio non si rividero mai più. Virginio rimase nella steppa mentre Carlo riuscì a tornare a casa: ripensava spesso a quell’incontro con l’amico e alle loro strade che si separarono per sempre, solo il destino beffardo decise chi sarebbe dovuto tornare a baita. (Dai ricordi di guerra di Carlo Caimi trasmessi verbalmente agli alpini di Locate Varesino). Nell’avvicinarsi dell’anniversario della Ritirata di Russia, vi invio questi ricordi di un alpino del mio paese, sopravvissuto a quell’immane tragedia, andato avanti anni fa. Un altro tassello nella memoria di quei giorni che segnarono la vita di tantissimi alpini.

    Camillo Sassi, Gruppo di Locate Varesino, Sezione di Como

    Grazie Camillo, per averci ricordato una delle mille storie di umanità dolente che caratterizzarono la tragica Campagna di Russia. Si può solo immaginare quale sia stata l’intensità di questo ricordo che intriso di commozione ha accompagnato Carlo Caimi sino alla fine dei suoi giorni.