Una questione complessa

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    Caro direttore, leggo su L’Alpino periodicamente lettere pro, interlocutorie e contro la naja. Dopo 42 anni di vita militare mi permetta di dire la mia. Invero solo 4 anni in reparti operativi, Genio Alpino, poi il resto nel Corpo degli Ingegneri. Il problema naja a mio avviso presenta due aspetti, uno sociale e l’altro tecnico. Dal punto di vista sociale la naja insegna il cameratismo, la conoscenza reciproca tra classi sociali diverse, tra mondi diversi, la disponibilità verso il prossimo, il rispetto delle regole e della disciplina. Indubbiamente aspetti positivi. Dall’altro canto la guerra di oggi è una cosa maledettamente seria e complessa, non siamo più ai tempi del 91 o del Garand, gli strumenti bellici sono tremendamente sofisticati, non abbiamo più i Macchi, gli Spitfire o i Dakota ed i Mas che già avevano bisogno di professionisti per l’uso. Anche sul terreno, negli interventi oggi in alcuni Paesi, occorrono persone super addestrate se non li si vuole mandare al massacro. Persone attente, pronte a cogliere anche solo un bagliore, un’ombra. E questo non lo si acquisisce in pochi mesi. Spero veramente che non ci sia, ma non so veramente come potrebbe essere una futura guerra, con missili balistici e intercontinentali, droni, siluri intelligenti ed altro. Forse i combattenti potrebbero essere solo poche persone dietro scrivanie. Vi è inoltre un altro aspetto per la naja. O tutti o nessuno, perché altrimenti i chiamati sarebbero svantaggiati rispetto agli altri nell’inserimento nel mondo del lavoro. Già oggi molto difficile. Caro direttore, come vede penso sia una questione tremendamente complessa e sono fortunato a non dover essere io a prendere una decisione. Probabilmente la cosa migliore è lasciare le cose come stanno ora anche se questo significherà inevitabilmente la fine delle associazioni d’Arma. Ma tutto cambia nella vita. In meglio o in peggio?

    Gian Gregorio Carnevale Gruppo di Bra, Sezione di Cuneo

    Parole lucide e sagge Gian Gregorio. Solo su un punto non concordo, quando tu dici di lasciare le cose come stanno. Personalmente credo che abbiamo l’obbligo morale di tenere viva la coscienza del bene comune, dove l’interesse del noi prevalga su quello del nostro io. E questo deve esprimersi anche in forme di disponibilità e di servizio da individuare e perseguire. Realisticamente non so dove approderemo, ma ci dobbiamo provare con la tenacia dei mai rassegnati. Può darsi che qualcuno abbia l’impressione che ci troviamo davanti alla battaglia del piccolo Davide davanti a Golia. Ma la storia ci invita alla speranza. La forza di un albero è sempre nascosta nella forza dei suoi inizi, quelli di un piccolissimo seme.