Una firma in testa

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    Ad accoglierci è il volto sorridente e cordiale di Benedetta Borrione, gioiosamente scanzonata. Appena realizza che sono un “don” mi racconta che recentemente ha fatto arrabbiare il suo parroco, chiedendogli provocatoriamente se si poteva dare il battesimo al cagnolino. Lui ci è cascato e le ha fatto lo sguardo cisposo. Ci ridiamo su, mentre ci accompagna nella vecchia fabbrica che ora ha rimesso in moto i motori.

    L’impressione è analoga a quando si entra nella casa di una famiglia nobile, che per un po’ di tempo se n’è andata altrove, smettendo di prendersene cura, anche se le tracce sono lì a raccontare un passato glorioso. E la nobiltà di questo luogo è data prima di tutto dalla genialità di chi, nel 1897 mise in piedi l’Anonima Cooperativa Cappellificio Cervo, dando lavoro e pane a tantissime famiglie di questa terra biellese.

    Sagliano Micca e, più in su, Piedicavallo, in una valle che sembra portarti fuori dal mondo, assomigliano a pennellate dentro uno scenario immodificabile. Ma sono anche scampoli di emozione per gli angoli che sembrano uscire da una tavolozza di Mauro Corona o di Erri De Luca. Ed è in questa montagna, che non sembra concedere nulla agli agi dell’uomo, se non cedere rassegnata alla sua intelligenza, che sono fioriti lavoratori della pietra, imprenditori edili abilissimi emigrati ovunque, e creatori di posti di lavoro, fioriti dalla fantasia di qualche mente straordinaria.

    È il caso dei suoi lanifici, famosi in tutto il mondo. Ed è il caso del cappellificio di Sagliano, che nel 1942 era arrivato ad impiegare 349 persone. Una fortuna che ha evitato emigrazione e povertà. Qui sono usciti i cappelli dei più famosi marchi: Cervo, Barbisio e soprattutto Bantam. Per anni qui hanno modellato i copricapo degli alpini. Avere un Bantam era una firma nell’immaginario delle penne nere, ufficiali, sottufficiali, penne bianche. Qui c’erano e ci sono ancora le macchine per aspirare i peli di coniglio da modellare intorno ad una sagoma metallica per farne un cono di feltro dalla punta arrotondata. Dai fondi di magazzino affiorano i cimeli di quella stagione gloriosa.

    Bantam di un’eleganza assoluta, per qualità del feltro, ma anche per la bellezza di un colore da far invidia ai collezionisti. Tempi d’oro, ai quali, più vicino a noi, si erano succeduti momenti di crisi, fino alla chiusura totale della fabbrica nel 2017. Per fortuna una chiusura momentanea, interrotta dall’arrivo della società Zeca. Una società controllata dal gruppo Ermenegildo Zegna, un nome una garanzia, con la partecipazione dell’imprenditore Vincenzo Caldesi, che hanno acquisito lo storico Cappellificio Cervo.

    L’operazione ha previsto anche l’ingresso nell’azionariato di Artigiana Cappellai, società controllata dalla famiglia Borrione, che offre il prezioso contributo del know how artigianale, vista la lunga esperienza passata, in qualità di proprietari del cappellificio stesso. L’acquisizione riguarda l’immobile di Sagliano Micca (Biella), i macchinari e i marchi Cervo, Barbisio e Bantam.

    Attualmente sono ripresi i lavori di restauro di alcuni settori chiave e la richiesta crescente di cappelli alpini di qualità lascia presagire che in tempi abbastanza vicini i Bantam della Cervo potranno davvero tornare ad essere il prodotto più ambito da tanti alpini. Un fiore all’occhiello che fa parte della nostra storia passata, ma destinato a scrivere ancora pagine importanti per il nostro futuro.

    b.f.