Un sorso di alpinità

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    Domenica 18 giugno il cielo sopra Belluno era azzurro e il sole illuminava una sfilata che sembrava non finisse mai. Il raduno del 3º Raggruppamento stava volgendo al termine dopo tre giorni di manifestazioni che avevano messo a dura prova la macchina organizzativa della Sezione di Belluno. Tutto era iniziato con la mostra fotografica “Il Vajont.

    L’onda di solidarietà”, frequentata anche da molte scolaresche e che, puntando sul ricordo dei soccorritori alpini, aveva dato subito il “la” a tutto il raduno indicandone il tema. Per l’occasione, nella giornata di venerdì 16, porte spalancate al pubblico al museo storico del 7º Alpini di Villa Patt a Sedico e alla Cittadella della Protezione Civile Ana al Parco Città di Bologna. La giornata si concludeva sulla scena del teatro comunale per la rappresentazione di “Il Corpo e l’Anima” con gli attori Sandro Buzzatti e Marina De Luca per la regìa di Bruno Lovadina e la partecipazione sonora del coro Minimo Bellunese diretto da Gianluca Nicolai. Molti applausi per una drammaturgia scritta ad hoc e di forte impatto emotivo. Sabato 17 il raduno era partito dall’Alpe del Nevegàl con un occhio al sovrastante sacrario del Col Visentin dove riposano i Caduti del 5º artiglieria alpina e del gruppo Val Piave del 3º.

    Al termine della Messa nel locale santuario mariano i riflettori del raduno si sono spostati sulla città. Nella caserma Salsa-D’Angelo, dopo gli onori ai Caduti, il basto del mulo Iroso è tornato a casa e consegnato in custodia al comandante del 7º, col. Andrea Carli, prima di finire al museo di Sedico. La sfilata per le vie del centro si concludeva poi con l’alzabandiera in piazza dei Martiri e il carosello della fanfara congedati della brigata Cadore in piazza Duomo. Ormai si respirava aria di festa con i concerti di cori, bande e fanfare dal centro città sino ad una decina di comuni limitrofi per un riuscito coinvolgimento del territorio. Domenica 18 l’apoteosi finale con un’affluenza record tra circa ventimila penne nere in sfilata ed almeno 7/8.000 persone assiepate oltre le transenne.

    Tutte le 25 Sezioni del Triveneto hanno dato il meglio di sé in un corteo che comprendeva anche alcune Sezioni estere, accompagnate persino da una band di cornamuse, le portatrici carniche e cadorine, quattro muli delle salmerie di Vittorio Veneto e il grande blocco delle divise gialle della Protezione Civile. In sfilata molti sindaci, sul palco molte autorità capeggiate dal presidente del Veneto Luca Zaia, davanti alla tribuna d’onore sventolio di centinaia di gonfaloni, vessilli e gagliardetti a fare da corona al Labaro dell’Ana scortato dal presidente Sebastiano Favero con i membri del Consiglio direttivo nazionale. Al termine questo il commento del presidente sezionale Lino De Pra: «Siamo partiti ad ottobre e la carta vincente è stata quella di affidarci ad una cabina di regia con i responsabili di settore che hanno dato massiccio contributo personale di competenza ed esperienza circondandosi di efficaci aiutanti.

    Grazie a loro, ma anche alla città che ha risposto con entusiasmo al nostro appello!». Ha rimarcato Favero: «Dopo la pandemia si è tornati a respirare vera aria di festa. Evidente il desiderio della gente di ritrovarsi, di convivere in armonia, di condividere i valori fondanti dell’Ana che parlano di civiltà, solidarietà e disponibilità nei confronti dell’altro. Il nostro motto ‘Onorare i morti aiutando i vivi’ è stato dimostrato con i fatti come, ad esempio, nel devolvere un contributo derivante dal raduno a favore delle popolazioni colpite dall’alluvione in Emilia Romagna e dove i nostri volontari della Protezione Civile sono operativi sin dal primo istante. Un grande raduno, una grande dimostrazione che l’Ana è più viva che mai».

    Concordi i due presidenti: «Obiettivo raggiunto. La quieta Belluno ha saputo tirare fuori le sue vere caratteristiche. È così riuscita a lanciare un messaggio di cuore, perché tutto è stato fatto con esso, ma anche un messaggio di speranza rivolto alle famiglie per un futuro migliore soprattutto per i nostri giovani. Tutto ciò è contenuto nella linfa vitale della nostra Associazione, ovvero lo spirito di solidarietà che è nel nostro Dna ed è un segno distintivo della nostra storia lunga oltre 150 anni. Alla fine tutti sono tornati a casa soddisfatti, gli organizzatori quanto le penne nere arrivate dal Triveneto ed oltre. La speranza è che tutti siano tornati a casa anche spiritualmente arricchiti».

    Dino Bridda