Aiuti in Emilia Romagna

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    L’intervento delle unità di Protezione civile nei territori dell’Emilia Romagna devastati dalle alluvioni è stato impegnativo per l’ampiezza delle zone colpite. L’Ana ha operato principalmente nel Forlivese e nel Ravennate, mettendo in campo fino al 17 giugno 1.186 volontari dei quattro Raggruppamenti, con 217 mezzi, tra cui numerosi escavatori e alcune pompe idrovore, a cui si sono aggiunti 27 mezzi privati degli alpini stessi. Sono state oltre 6.300 le giornate di lavoro prestate dai volontari, tutto personale perfettamente formato per le emergenze. Raccontiamo il loro l’impegno con le parole di chi ha lavorato sul campo, finestre aperte su attività specifiche che danno però il senso del grande slancio solidale di tutta l’Associazione.

    ARRIVANO I NOSTRI – «L’intervento dei volontari in Emilia Romagna ha avuto due momenti importanti, separati da una manciata di giorni», racconta il coordinatore del 2º Raggruppamento Ettore Avietti. Il 3 maggio, alle ore 2:52, la sala operativa della Regione Lombardia richiedeva l’intervento nelle zone alluvionate al seguito della Colonna mobile Regione Lombardia. Il sopralluogo, effettuato sia da funzionari dell’Agenzia bolognese sia da quelli di Liguria, Marche e Toscana, ha riguardato i Comuni del Ravennate per la rottura dell’argine del Lamone, nel comune di Bagnacavallo e nella frazione Boncellino. Due giorni dopo veniva attivata la nostra squadra di alto pompaggio con il supporto di una squadra tecnica di A2A: con l’impiego di 5 motopompe ad alta capacità e torri faro per l’utilizzo notturno, in tre giorni, senza sosta, sono stati prosciugati circa 180.000 metri cubi di acqua, fuoriuscita dal Lamone. All’intervento hanno partecipato fino al 12 maggio anche volontari con macchine operatrici per la rimozione del fango e ripristino viabilità stradale. Il secondo intervento è iniziato il 16 maggio e si è concluso l’11 giugno e ha riguardato le zone della provincia Forlì- Cesena con la Colonna mobile nazionale. «Non si era ancora rientrati dalla bellissima (e bagnata) Adunata di Udine – racconta Avietti – che riceviamo dal coordinatore nazionale Andrea Da Broi la richiesta di intervento in zone e città dell’Emilia Romagna ulteriormente alluvionate per l’esondazione di molteplici fiumi e corsi d’acqua che hanno interessato vaste aree, sia in campagna che nelle città». Formata la Colonna mobile, dal centro polifunzionale di Cesano Maderno una ventina di volontari Ana hanno raggiunto Forlì per unirsi ai colleghi degli altri tre Raggruppamenti. Il 16 maggio erano a Cesena per tentare di bloccare l’ondata di piena del fiume Savio, creando argini con centinaia di sacchi di sabbia. Trasferiti d’urgenza a Forlì hanno cercato di limitare l’esondazione del fiume Montone che però ha costretto i volontari ad abbandonare sia l’attività in corso, sia il palazzetto dove erano ospitati. Dopo il trasferimento in sicurezza alla fiera di Forlì è ripresa l’attività nei vari quartieri della città con utilizzo di motopompe, attrezzature, macchine operatrici e automezzi idonei alla rimozione del fango e di una quantità impressionante di materiali ammalorati dall’alluvione che venivano trasportati alla discarica emergenziale, predisposta al di fuori dell’abitato. «La maggior difficoltà nel portare immediato aiuto alla popolazione è stata causata dal livello della falda acquifera ancora alta e per l’intasamento della rete fognaria», sottolinea Avietti. Una situazione che ha reso complicato l’intervento dei volontari che utilizzavano principalmente motopompe destinate ad aspirare l’acqua in case, cantine e garage. La situazione sul territorio si è presentata più complessa e vasta di quanto già vissuta all’inizio di maggio. L’attività svolta ha riguardato oltre lo svuotamento di vaste aree allagate a causa delle esondazioni dei fiumi Sillaro e Santerno che in certi punti l’acqua ha raggiunto altre i 140 cm, anche e soprattutto l’asportazione del fango dalle strade, la rimozione dei detriti e materiali ammalorati e fango.

    LA SQUADRA TELECOMUNICAZIONI – «Dopo Udine – racconta Corrado Bartolo – tutto era pronto, imballato per il rientro al magazzino di Campiglia, quando il coordinatore nazionale Andrea Da Broi ci dice di provvedere urgentemente ai collegamenti dati e radio per l’emergenza in Emilia Romagna». La notte del 16 maggio si susseguono innumerevoli telefonate per organizzare il rientro del materiale, allestire la sala operativa di Campiglia a Forlì, zona assegnata alla Protezione civile Ana, per vedere come sviluppare le reti radio e dati. La mattina seguente, di buon’ora, alcuni volontari della squadra Telecomunicazioni già al lavoro per iniziare a montare i ponti radio e a collegare le zone di intervento, seguendo le indicazioni di un collega che aveva passato la notte a provare le simulazioni di copertura. Nella tarda mattinata del 17 maggio i sistemi erano funzionanti, si poteva parlare via radio da Campiglia a Forlì, in locale a Forlì e con i sistemi di interconnessione autorizzati potevamo monitorare le comunicazioni da qualsiasi punto dell’Italia. Il sistema ha permesso altresì di pianificare turnazioni presso la sala radio di Forlì, tra l’altro fornita sul posto da un’associazione locale, poiché le nostre Unità radio campali erano tutte impegnate in emergenze idrogeologiche locali. Le turnazioni si sono susseguite fino a fine emergenza: applicando le procedure della sottocommissione si sapeva chi doveva tempestivamente organizzare i turni a Campiglia e Forlì, chi doveva sovraintendere alla rete dati e radio per le comunicazioni, chi doveva effettuare le simulazioni di copertura e chi monitorarle anche “h24” da remoto. L’emergenza ha messo in luce ancora una volta l’effetto squadra che i responsabili delle Telecomunicazioni hanno sempre auspicato. In più, nonostante gli avvenimenti drammatici, abbiamo avuto il piacere di avere nuovi volontari che avevano fatto i corsi di formazione ma che non erano mai stati sul campo, ragazzi esemplari che sicuramente saranno valorizzati.

    FANGO OVUNQUE – «Il 14 maggio mattina siamo partiti per Forlì, destinazione Pala Galassi insieme ai colleghi di Savona e del Piemonte con i quali ci siamo dati appuntamento lungo la strada», racconta Marco Oliva, volontario del 1º Raggruppamento. «Durante il viaggio, prima ancora che l’occhio ne vedesse gli effetti, il naso già lo percepiva: il solito maledetto odore delle alluvioni, così simile a quello di Genova, che non vorresti più sentire. Nei cantieri il fango ha lasciato il posto alla polvere…». Dopo i primi giorni non si spala più fango perché è necessario trasportare quello indurito nelle discariche «e così ricordo quanto avevo dimenticato – perché la vita è andata in un’altra direzione – e cioè che incarico conduttore automezzi vuol dire che bisogna caricare e trasportare, fino alla conclusione della missione. Mi sembra di essere tornato indietro ai tempi della naja, con in più la consapevolezza di fare parte del meraviglioso mondo della protezione civile, della grande famiglia alpina che, anche insieme agli altri volontari, sa fornire grandi emozioni e creare amicizie. O legami che sono sacri come il nostro senso del dovere».