Un secolo di bellezza

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    Immagino che chi come me vive di pane e alpini, o meglio di pane e Ana, abbia vissuto l’attesa del giorno giusto del Centenario addirittura con trepidazione. Un’attesa paragonabile a quella degli appuntamenti più importanti della vita, come quella del matrimonio, o della nascita di un figlio e poche altre. E chi non l’ha vissuta così forse non ha capito fino in fondo il significato dell’evento. Cent’anni di Associazione Nazionale Alpini.

    Cent’anni di passaggi di mano in mano di un testimone affidatoci dai nostri fondatori, quei combattenti della Grande Guerra, che forse non immaginavano nemmeno di aver dato vita a una creatura che sarebbe andata tanto lontano nel tempo. Un testimone in continuo movimento, passato per le mani di cinque generazioni, attraverso gli avvenimenti e i cambiamenti di un intero secolo. Ed è questo l’aspetto più sorprendente ed emozionante della questione. Se un’idea continua a vivere con la stessa freschezza di cent’anni prima, ovvero di quando è sbocciata, vuol dire che c’è dentro qualcosa di veramente grande, anzi, di grandioso.

    L’idea di tener viva e non lasciare sbiadire la memoria dei tanti Caduti; l’idea di non disperdere quelle amicizie divenute fraterne durante il servizio militare e sui campi di battaglia; l’idea di rimanere un tutt’uno con i fratelli in armi, anche dopo il congedo. E poi il desiderio di continuare a praticare e ad amare la montagna, palestra nella quale si erano sviluppati i sentimenti più nobili. Infine l’idea di coltivare tutti quei valori che, messi insieme, si chiamavano e continuano a chiamarsi amor di Patria, quella Patria per la quale si era combattuto e sofferto. E cent’anni non sono riusciti a scalfire minimamente la volontà degli alpini nel tener fede agli impegni assunti dai fondatori.

    A dimostrarlo è stata proprio la giornata dell’8 luglio a Milano, in ogni fase del suo svolgimento. Il primo atto, quello degli onori ai Caduti, ha confermato che gli alpini non hanno mai perso la buona abitudine di tenere accesa la fiamma della memoria, che è riconoscenza, che è preghiera e civiltà. E anche il fatto che gli alpini siano arrivati in massa da tutt’Italia è la dimostrazione della fratellanza, che continua ad essere salda e rappresenta il vero motore dell’Ana.

    È la magia che ci permette di viaggiare tutti sulla stessa strada, pur nelle tante differenze che ci contraddistinguono, diversi e uguali al tempo stesso. L’8 luglio ha certificato ancora una volta che il fatto di essere in servizio, oppure in congedo non cambia nulla nel modo di essere alpini, lo si è e basta. L’abbiamo colto ancora una volta dalle parole e soprattutto dalla passione con cui le ha espresse il comandante delle Truppe Alpine, il generale Berto, che ha dato l’impressione di sentirsi quasi più socio Ana che comandante di tutti gli alpini in servizio. Al convegno al Teatro Dal Verme gli interventi dei diversi personaggi si sono alternati ai canti del Coro Grigna della Sezione di Lecco.

    Un programma davvero avvincente. Il pomeriggio tutti in Piazza San Babila, in attesa di sfilare in corso Vittorio Emanuele, fino alla Galleria, accompagnati dalla fanfara dei congedati dell’Orobica. Quanti vessilli, quanti gagliardetti e quanti alpini! Quanti turisti sul percorso a scattare fotografie, che faranno il giro del mondo. La Galleria, il salotto dei milanesi, è diventata nostra ed è stato meraviglioso essere presenti e sentirsi parte integrante di qualcosa di unico. La fortuna mi ha consentito di essere in prima fila, a pochi metri dalla targa che celebra il Centenario, posta proprio sotto la finestra da cui sventolava la Bandiera illustrata da Novello.

    Il Presidente Favero parlava, ma io vedevo i nostri Vecchi, con i loro cappellacci come si usava a quei tempi. Non conoscevo che qualche volto, ma so che tutti sorridevano. Le cose belle mi affascinano, quelle molto belle mi commuovono e i momenti in Galleria sono stati fantastici. Sono felice di averli vissuti e di averli sentiti miei commuovendomi. Immagino che anche la Madonnina del Duomo abbia spalancato le braccia per accogliere gli alpini giunti da ogni angolo a festeggiare il loro centesimo compleanno. La Madonnina, che li ha visti nascere proprio ai suoi piedi e li ha sparsi per l’Italia e per il mondo, a seminare buoni sentimenti e a realizzare grandi opere.

    La Madonnina, che proprio come una mamma li conosce uno ad uno e sa quanto bene abbiano donato in cento anni. Eccola, là sulla guglia più alta del Duomo a salutarli mentre sfilano. Forse anche il suo volto è rigato di lacrime, per la gioia di vederli tutti insieme. Ecco, gli alpini sono tornati a Milano, insieme alla schiera invisibile di chi li ha preceduti e la Madunina del Domm li abbraccia, li benedice e li invita a continuare il loro cammino, senza mai fermarsi.

    Chicco Gaffuri