Un ricordo di naja

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    Ho appena finito di leggere la missiva di Massimo Marchesotti ricordante don Brupon e i cori alpini, diventati tutti ora celebri e celebrati.

     

    Tuttavia vorrei qui ricordare, e in questo consiste la bellezza di un giornale che ti fa rammentare in un flash un tempo ormai molto lontano, che già nel 1964 alla Sausa di Foligno, quando per il primo mese di naja neppure si poteva andare in “libera uscita” se non prima educati e inciviliti dal caporal maggiore Guastamacchia (ricorda qualcuno il suo celebre e storico «ridino, ridino pure che poi vedranno… »), dal ten. Cudicio (“Michelin” omino delle gomme) e dal cap. Minniti (soprannominato S.S. e infatti, se qualcuno dubitasse, ricordo che non mi lasciò uscire per vedere la storica Quintana perché avevo la barba scura, rasata il mattino stesso!), il ten. Medolago degli Albani (soprannominato “dei miei laghi”) aveva pensato bene di intrattenerci, e quindi farci passare la serata odiosa, con il suo coro. Non potrò mai dimenticare la sua suddivisione delle voci in tre, quattro, cinque tonalità, tenori, baritoni, contralti, voci bianche, ecc., il suo fischietto per il “la”, ma soprattutto, alla fine, il risultato, cioè la registrazione, fatta con uno dei primi “Geloso” grosso come una valigia, che spero qualcuno abbia conservato da qualche parte, di un coretto di circa 300-400 persone. Allora mi sembrò fantastico, eccezionale. Mi sono sentito inorgoglito ed orgoglioso di aver fatto parte di quel complesso, veramente inusitato. Al confronto, il nostro coretto degli Scolopi di Savona, all’Accademia degli Eletti, con il “Va pensiero” dal “Nabucco” di Verdi, mi fa sorridere ancora oggi. Potrò mai riascoltarlo? Posteribus sententia… Cordialità vivissime a tutti e… viva la naja e gli alpini!

    Beppe Guiddi

    Grazie, caro Beppe, di questo fantastico ricordo, scritto con efficace e puntigliosa precisione. Uno scenario plastico, dove rivivono uomini, aneddoti e tante emozioni.