Ultimo a baita

    0
    189

    Quando il treno arrivò a Brescia, Enzo Boletti si sporse dal finestrino e non credette ai suoi occhi. In migliaia lo acclamavano e lo issarono in alto, a braccia, portandolo in trionfo. Lui era il simbolo, potente, del trionfo dell’uomo sull’orrore. Era l’ultima penna nera a tornare dalla Russia, il 26 novembre 1954: volontario negli alpini, ufficiale di complemento, combatté in Jugoslavia, fu deportato dai nazisti dopo l’8 settembre, riuscì a fuggire in Polonia e si unì alla resistenza polacca, con cui lottò per oltre un anno.ù

    I sovietici, con cui aveva fatto da ufficiale di collegamento, con un inganno lo attirarono a Mosca, tentando di estorcergli i nomi dei patrioti polacchi: il suo rifiuto gli costò caro. Dopo violenze di ogni tipo nel carcere della Lubianka, venne condannato ad otto anni di lavori forzati, in Siberia. Incredibilmente, grazie alla forza d’animo, sopravvisse e, con l’intercessione della Croce Rossa, riuscì a tornare in Italia, dopo undici anni.

    Una storia straordinaria, perché nel dopoguerra Boletti fu anche protagonista della vita sociale: fu per quindici anni sindaco di Castiglione delle Stiviere e là fondatore del Museo Internazionale della Croce Rossa. Papa Wojtyla, nel 1991, a Castiglione per il 4º centenario della morte di San Luigi Gonzaga, si intrattenne con lui e in polacco gli disse: “Corvo nero, i miei compatrioti la ricordano oggi con l’affetto e la gratitudine di allora”. Czarny kruk (corvo nero) o Czarny diabeu (diavolo nero) erano i soprannomi datigli dai polacchi (che lo avevano anche nominato capitano del loro esercito di liberazione), per il suo ciuffo nero che usciva dal cappello alpino e per il suo ardimento.

    Alla vita di Boletti, “andato avanti” il 2 marzo 2005, è dedicato il libro di Manlio Paganella “Enzo Boletti, dall’inferno sovietico al miracolo economico”, Edizioni Ares. Paganella, amico della famiglia Boletti, traccia in 600 pagine il resoconto di un’esistenza che ha quasi dell’incredibile. Enzo era nato a Brescia, il 6 dicembre 1919, nel palazzo di famiglia, in via Moretto: il padre, Emilio, era notaio. Dopo la maturità non volle essere da meno dei due fratelli già in armi, Angelo e Alessandro e, anche se avrebbe potuto evitare la guerra come terzo maschio, si arruolò volontario negli alpini, nei complementi del 9º reggimento, a Gorizia (battaglione L’Aquila) e poi in Friuli (battaglione Val Leogra).

    Il diploma e la determinazione lo portarono al corso sottufficiali ad Aosta, terminato il quale approdò all’Edolo, del 5º Alpini: ma non andò in Russia, perché mandato al Corso ufficiali a Bassano. Tornato al 5º viene inserito nel 102º reggimento di marcia: combatte in Jugoslavia, segnalandosi per valore. In agosto torna a Gorizia, per andare incontro però alla prigionia, dove conoscerà personaggi famosi come padre Brevi, il cap. Magnani (entrambi Medaglia d’Oro al V.M.), il prof. Lazzati, Novello e Giovannino Guareschi. Con due amici ufficiali riuscirà di notte a saltare giù dal treno che lo porta verso i lager, in Polonia: si uniscono alla Resistenza e partecipano ad azioni audacissime, diventando leggendari, “gli alpini italiani che combattono per la Polonia”. La tragica beffa, però, è in agguato.

    Come detto, i russi lo invitano a Mosca, ma è per interrogarlo: inizia un’odissea di angherie, sevizie, malattie e lavori forzati. Enzo sopravvive aggrappandosi alla forza d’animo e soprattutto al ricordo dell’amata Ines Marini (sorella di Marino, asso dell’Aeronautica), ricercatrice medica, Medaglia d’Oro al valor civile, che per prima sperimentò gli isotopi radioattivi in oncologia e che poi sarà madre dei suoi due figli e fedele compagna di tutta la vita. E l’altra sua grande famiglia furono gli alpini, a cui Enzo fu sempre legato, fondando il Gruppo di Castiglione e partecipando a tutte le Adunate, con la penna bianca di maggiore.

    Un libro avvincente, senza una riga che esprima odio o risentimento: quasi la sceneggiatura di un film, con la stupita consapevolezza che si tratta di realtà. Il volume è in vendita a 24 euro, ma l’Editrice Ares prevede sconti, e la possibilità di organizzare incontri con gli autori, acquistandone più copie, assieme ad un’altra nuova opera, “Il testamento del capitano Grandi”, di Marco Della Torre (per informazioni: assistenza.clienti@edizioniares.it).

    Massimo Cortesi