Tracce dal passato

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    «Ci sono giornate che lasciano il segno. Decidi di partire per una breve camminata non lontano da casa, in attesa dello scioglimento della neve in quota e vai alla ricerca delle testimonianze della Grande Guerra, in luoghi che durante l’estate escluderesti per preferire quelli con un bel panorama e dei manufatti da visitare. Invece – racconta con entusiasmo Simone Del Negro – sei mosso da una indecifrabile curiosità verso alcuni baraccamenti austriaci di inizio secolo, individuati su una vecchia mappa d’epoca. E così, una tranquilla camminata di un paio d’ore, si può rivelare una tra le più belle di sempre…».

    La passione per la storia e per gli alpini a Simone gliel’ha trasmessa il nonno materno, Gianni De Candia, “andato avanti” qualche anno fa, e lui l’ha coltivata e alimentata iscrivendosi allo stesso gruppo alpini del nonno, Pontebba, e fondando l’associazione storica “Quello che le montagne restituiscono”.

    Simone, con alcuni amici, sta effettuando delle ricerche tra i pianori dove durante la Prima guerra mondiale era presente un villaggio di baraccamenti austroungarici. Ritrovano un oggetto insolito perché assolutamente fuori dal contesto della Grande Guerra. Si tratta di un piastrino di riconoscimento di un soldato italiano dell’ultima guerra e risulta sprovvisto dell’anello che teneva fissata la piastrina alla catenella da appendere al collo. Cercano vicino al luogo del rinvenimento ed ecco spuntare un anello di ferro con applicato l’anellino della piastrina e un proiettile della Breda 8×59, fissato a mo’ di ciondolo.

    «Da subito il desiderio è stato quello di rintracciare eventuali parenti», spiega Simone. «Rientrati a casa eseguiamo una leggera pulizia dell’oggetto e pubblichiamo la foto sul gruppo Facebook ‘I recuperanti’ che tratta di ritrovamenti di oggetti legati principalmente alle due guerre mondiali». Dopo tre ore dalla pubblicazione delle foto, un ragazzo scrive dicendo che ha un amico in Valle d’Aosta e probabilmente conosce il figlio. È una pista assolutamente credibile perché ha lo stesso nome di suo nonno, ovvero Serafino.

    «E così – racconta Simone – dopo sole cinque ore dal ritrovamento, potevamo avere in mano il numero di telefono del probabile figlio del soldato della piastrina. Decidiamo di telefonare. L’emozione è forte per tutti, fino a quando è lo stesso signore al telefono a confermare che la piastrina è davvero di suo padre!».

    Serafino e Giuseppina erano i suoi nonni e il soldato Silvio Pallù era il papà. Silvio venne arruolato nel 1942 come mitragliere del 57° reggimento fanteria a Pontebba, sottosettore di copertura reparto Tratte e probabilmente era un addetto alle opere del Vallo Alpino posizionate lungo il torrente Bombaso. Non lontano da una delle opere è stato rinvenuto proprio il piastrino di riconoscimento. Dal suo foglio matricolare, reperito presso l’Archivio di Stato di Torino, risulta sbandato in seguito agli eventi dell’8 Settembre 1943.

    Dopo l’armistizio ritornò a casa a piedi fino ad Aosta quando, nel febbraio del 1944, venne richiamato alle armi nell’esercito repubblichino e arruolato come alpino nel 4° reggimento Aosta. Qualche mese dopo abbandonò quella causa ed entrò a far parte del 87ª brigata partigiana, 3° battaglione Valle d’Aosta. Ritornato a casa trovò lavoro come gruista presso un importante fabbrica valdostana. Era abile nel lavorare oggetti di metallo, cosa confermata anche al lavoro artigianale realizzato con la piastrina e il proiettile a ciondolo ricavato da un’ogiva della mitragliatrice Breda, mod.37.

    Nella sua casa realizzò un locale dove lavorava oggetti di ogni tipo. Questo gli permise di ideare delle attrezzature per l’azienda dove lavorava fino a quando la stessa ditta brevettò una sua invenzione. A suo figlio, nato nel 1949, non raccontò importanti aneddoti del suo passato da militare ma i familiari hanno ritrovato a casa una foto di Silvio in tenuta da alpino durante la guerra.

    La piastrina di Silvio Pallú, soldato italiano della Seconda guerra mondiale, rimasta sepolta per 77 anni, finalmente ha potuto ritornare nelle mani dei figli. L’11 settembre dello scorso anno è stata una giornata ricca di emozioni, dall’incontro in piazza Dante con i due figli, alla visita al museo della Grande Guerra di Pontebba, alla consegna della piastrina e alla visita presso la casermetta Tratte in località Gamischen, dove loro padre ha prestato servizio nel 1942-43.

    La piastrina nelle mani dei figli ha percorso la stessa strada che il papà fece a piedi durante i disordini successivi all’8 Settembre 1943, da Pontebba ad Aosta. «Per questa importante giornata – ricorda Simone – dobbiamo ringraziare molte persone che ci hanno aiutato: Luca Celot e Joel Gerard perché senza di loro la piastrina non avrebbe ritrovato la strada di casa, l’archivio di stato di Torino per averci fornito in breve tempo il foglio matricolare del soldato, il vice sindaco di Pontebba Rudy Gitschaler e gli assessori comunali Alongi, Anzilutti e Donadelli, il gruppo alpini di Pontebba e i soci dell’associazione ‘Quello che le montagne restituiscono’, in particolare Marco Zol». Non capita spesso, soprattutto a distanza di quasi ottant’anni, di riuscire a chiudere una storia in maniera così positiva.

    Giuliano Rui