Tra storia e attualità

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    “Gli alpini dal passato al futuro”. Titolo che era anche il logico compendio del ciclo “Alpini 1872-2022, le Truppe da montagna custodi della memoria, esempio di solidarietà”: ciclo basato su sei incontri che, iniziati in gennaio a Torino, si sono conclusi il 30 settembre a Teramo, nell’ambito delle iniziative per il 150º anniversario di costituzione del Corpo degli alpini.

    Una collaborazione tra il Centro Studi dell’Ana, le Truppe alpine e il Centro interuniversitario di studi e ricerche storico-militari, che ha tracciato un ritratto storico, sociale e letterario a tutto tondo degli alpini, il Corpo più conosciuto e amato del nostro Esercito. Coordinate da Mauro Azzi del Centro Studi Ana (in itinere diventato anche Segretario generale dell’Ana), le conferenze hanno affrontato a Torino “Diventare alpini nell’Esercito Italiano: linee evolutive”; a Trento “Alpini 1872/2022: le Truppe da montagna custodi della memoria, esempio di solidarietà”; a Brescia “Alpini e montagna: storia, letteratura e miti”; a Vicenza “Gli alpini e le operazioni d’oltremare” e a Udine “Gli alpini in soccorso alla popolazione.

    Coraggio, solidarietà e protezione civile”. Sempre introdotti dal Presidente Sebastiano Favero e dal comandante delle Truppe Alpine, gen. C.A. Ignazio Gamba, ai tavoli dei relatori si sono alternati esponenti del mondo universitario (sotto l’egida del prof. Nicola Labanca, direttore del citato Centro interuniversitario), giornalistico e militare. A Teramo, in una affollata sala Ipogea della centralissima piazza Garibaldi, sono intervenuti, moderati come di consueto da Azzi, il giornalista Gianni Oliva, il gen. Fulvio Poli e la prof. Fatima Farina.

    “Alpini perché?” il tema sviluppato da Oliva, il quale ha ricordato che tra il 1861 e il 1915 l’Esercito ebbe una importantissima funzione socio-culturale, favorendo con la leva l’interscambio tra quanti venivano da regioni diverse, in cui, in tempi dialettali, non si parlava lo stesso linguaggio; così, quando il soldato tornava a casa diveniva narratore di usi e costumi che aveva visto magari a mille chilometri da casa. Ma l’esigenza di difendere le montagne utilizzando gente delle vallate modificò tale procedura e gli alpini furono subito popolari perché le loro caserme erano tra la loro gente e in quelle zone non c’era neppure necessità di impiegare l’Esercito in ordine pubblico; provenendo tutti dalle medesime zone, gli alpini diedero vita così a reparti di estrema compattezza e questo risaltò con grande evidenza nella drammatica campagna di Russia.

    Il radicamento sul territorio, finita la leva, è diventato appannaggio dell’Ana, ad ennesima riprova della storica compattezza del Corpo. Il gen. Fulvio Poli (a cui era affidato il tema “Dal passato al presente. Le truppe alpine e le sfide per il futuro”) ha sottolineato che, nonostante i progressi della tecnologia, l’uomo rimane al centro dello strumento militare e ha citato come esempio la Brigata d’assalto da montagna ucraina, formata solo nel 2015, in cui l’unico (su tre) battaglione composto da montanari si è rivelato il più efficace al fronte e, impiegato in pianura, a Mariupol come a Kherson, ha dato prova di grande valore, pur registrando gravi perdite.

    «La conoscenza della dimensione umana – ha sottolineato l’alto ufficiale – ci aiuta a prepararci e ad essere pronti». La prof. Farina, parlando della “Solidarietà militare interna ed esterna in prospettiva di genere”, ha preso le mosse dal 1990 quando le donne nelle forze armate americane iniziarono a rivendicare “il diritto alla prima linea” per non rimanere ai margini dello strumento militare. Superate le criticità dell’inizio, oggi le donne sono presenti in tutte le forze armate (nell’Esercito sono il 12%), anche se, ha affermato la relatrice, le differenze nelle gerarchie di genere non sono ancora state superate: «L’operatività – ha sottolineato – è un acceleratore dell’inclusione, ma all’esterno c’è ancora una osservazione delle donne in certi ruoli come caso raro».

    Sul ruolo dell’Ana è tornato poi Oliva, ricordando che l’organizzazione locale, capillare e “di buon senso” dell’Associazione, oltre a non essere troppo gradita al fascismo, risultò assai utile quando ci fu da ricostruire il Paese, tanto che ai vertici dell’Ana stessa arrivarono anche influenti uomini politici come Soleri e Bonomi. «Senza un’autorità – ha evidenziato il relatore – una società non ha ragione di esistere: ecco perché è sbagliato che oggi la società non offra una fase di formazione ai giovani, in cui si imparino le regole, la convivenza, la protezione civile e persino l’aiuto ai nostri vecchi».

    Il gen. Poli, dal canto suo, ha posto una questione di fondo: la difesa di un Paese è un investimento, bisogna decidere che cosa vogliamo fare e di conseguenza che cosa ci serve. «Di sicuro – ha notato – l’Ucraina ha dimostrato che i soli professionisti non bastano e che è stato necessario ricorrere alla mobilitazione generale. Gli alpini hanno nella verticalità la loro eccellenza, ma abbiamo visto che sul fronte ucraino è in atto un urbicidio, ovvero la distruzione delle città: a questo bisogna pensare e bisogna prepararsi, ma prima».

    In chiusura, la prof. Farina ha ricordato che il Pnrr prevede un ampliamento del Servizio civile: «Un passaggio chiave – ha sottolineato – da cittadino soldato a cittadino attivo. I giovani oggi seguono a scuola iter sempre più valutativi e competitivi, ma è importante dare peso alle aspirazioni valoriali, non solo a quelle occupazionali. Siamo probabilmente di fronte ad un salto culturale – ha concluso – rivelato anche dalla proposizione ai giovani di reality come ‘La caserma’, che per la mia generazione sarebbe stato improponibile».

    ma. cor.