Tourn il piemontese

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    Le commemorazioni alpine si ripetono in tutta Italia ed è grazie a questa capillare e continua opera di memoria storica che l’insegnamento può essere portato avanti. Ci si trova però di fronte ad un bivio generazionale che non si può ignorare: a 80 anni da Nikolajewka, i nuovi nati sono i primi che non avranno a disposizione una testimonianza diretta di ciò che è stato.

    Il crudo scorrere degli eventi sui libri di storia non racconterà di uomini, ma di geopolitica. Inoltre, i nomi su cippi e monumenti non emozioneranno più, poiché quei nomi non corrisponderanno più a storie narrate ed in grado di emozionare. In occasione del 9º raduno degli alpini della piana cuneese, tenutosi a Cervere (Cuneo), si è tentato di mettere al centro la parola “ricordare”, il cui significato profondo è quello di “rimettere nel cuore”. Per gli antichi era quello il luogo della memoria, dove si conserva la vera conoscenza: nel cuore, prima ancora che nella mente.

    E tutto ciò è stato portato avanti attraverso un racconto inedito ispirato ad un libro che è la stella polare per la narrazione della ritirata dalla Russia del 1943: “Il sergente nella neve” di Mario Rigoni Stern. Nel libro di Rigoni Stern è citato per 29 volte, infatti, “Tourn, il piemontese”, tuttavia nessuno sapeva chi fosse stato Tourn, quale fosse stata la sua vicenda e quale destino lo avesse portato fino al fianco del “sergente nella neve”. Una ricerca durata alcuni mesi ha consentito di portare alla luce questa incredibile storia, che poi è l’incredibile storia che hanno vissuto migliaia di giovani strappati alla loro giovinezza e alle loro famiglie per inviarli nella steppa per motivi che la storia ha già passato in giudicato.

    Il suo nome era Emilio. Nato a Luserna San Giovanni, classe 1917, Tourn era uno scalpellino che quotidianamente lavorava a stretto contatto con la famosa “Pietra di Luserna”. Nel 1937 è stato arruolato presso il distretto di Pinerolo e quindi inviato come “tiratore scelto” in Albania già nel 1939. Qui inizia il suo calvario: una salute precaria, infatti, lo fa alternare tra campi di battaglia e ospedali militari, con ripetuti ricoveri per crisi nevrotiche che lo accompagneranno a lungo. Nel 1939 è nel battaglione Tolmezzo, dunque agli ordini di quel Giuseppe Talamo che in “Centomila gavette di ghiaccio” sarà il maggiore Letti: per Tourn era destino comparire sui libri di Bedeschi, Rigoni, Nelson Cenci e Cristoforo Moscioni.

    Alla fine del 1940 torna in Italia, viene ricoverato per nuovi controlli, ma a febbraio del ’41 è di nuovo con l’8º Alpini. Poi ancora ospedali, tra Albania e Montenegro, con diagnosi di epilessia confermata, ma che non gli impedirà di essere mandato in Russia: è il 23 luglio del ’42 quando entra nel Vestone. La sua ritirata ce la racconta Rigoni Stern: “era il più allegro di tutti”, cantava con i commilitoni “Maria Giuana l’era su l’us”, si infastidiva per le bestemmie di Antonelli e guardava il mondo accendendo i suoi “occhietti da scoiattolo sotto il passamontagna”. I destini si dividono rispetto alla strada di Rigoni quando viene ferito ad una mano, ma si ricongiungeranno dopo Nikolajewka.

    L’epopea di Rigoni Stern non era finita, ma non lo era nemmeno quella di Tourn: l’8 settembre lo coglie di sorpresa l’armistizio e viene quindi internato in Germania. Qui le sue tracce si perdono (lo stalag registrato sui documenti della Croce Rossa è quello di “Prandau”, nome attualmente non rintracciabile) ma le ricerche sono ancora in corso per tentare di accendere una luce anche sulla dolorosa parentesi da Internato Militare Italiano. Nonostante l’epilessia, l’Albania e la Russia, neanche la Germania lo piega: libero dal mese di maggio, ritornerà in Italia soltanto il 9 settembre 1945 iniziando il triste e complesso calvario che tutti i reduci hanno dovuto attraversare.

    Emilio Tourn morirà nel 1963, 10 anni dopo l’uscita del libro di Rigoni Stern. Lo stesso Rigoni lo cercò, ma era probabilmente ormai tardi: la salute, precaria già prima del calvario vissuto, se lo porterà via a soli 46 anni senza un ulteriore incontro tra il soldato e il suo sergente. Il Gruppo alpini di Cervere, per dare maggior significato a queste ricerche, ha voluto andare oltre: la presentazione è stata accompagnata da un excursus sui principali eventi della Seconda guerra mondiale, utilizzando la testimonianza della vita di Emilio Tourn per rivivere l’epopea di centinaia di migliaia di giovani gettati in quell’inferno.

    Il Gruppo ha inoltre acquistato, in stretta collaborazione con Acqua Valmora (azienda la cui acqua sgorga da quelle stesse pietre che Emilio Tourn scolpiva in gioventù) e in collaborazione con Einaudi editore, ben cento volumi de “Il sergente nella neve” al fine di donarli a scuole e biblioteche del cuneese. L’obiettivo è quello prefissato: favorire la memoria storica attraverso il racconto, la testimonianza e la centralità dei libri in questo obiettivo.

    I cento libri acquisiti saranno consegnati il 26 gennaio 2024 in occasione della “Giornata nazionale della memoria e del sacrificio degli alpini”, insieme a migliaia di segnalibri che suggeriscono la lettura di Mario Rigoni Stern, Giulio Bedeschi e Nuto Revelli come obiettivo minimo per conoscere, capire e ricordare. Ricordare, ossia rimettere nel cuore: solo così le giovani leve potranno davvero capire chi sono e perché. Ma serve uno sforzo collettivo ed Emilio Tourn, il più simpatico di tutti, ha offerto uno spunto senza pari per intraprendere questa strada.

    Giacomo Dotta