San Pietro Vernotico è un grosso paese della provincia di Brindisi, adagiato nella parte nord del Salento, circondato da una vasta pianura. Poiché era servito dalla ferrovia, nella seconda metà del 1940 era uno dei punti di sosta dei reparti alpini e non solo, che venivano poi avviati a scaglioni in Albania con le navi in partenza dai porti di Bari e Brindisi o con trasporti aerei dalle piste di Lecce: la sfortunata e tragica spedizione contro la Grecia era infatti iniziata il 28 ottobre.
Da quelle parti si ritrovò a sostare in quei giorni anche un ufficiale trentino richiamato, tenente Fabio Endrizzi della 265ª compagnia nel battaglione Val Cismon – reparto in via di ricostituzione dopo lo scioglimento che era stato deciso alla fine delle ostilità con la Francia ed ora in attesa di essere inviato sui monti della Grecia – che da capitano comandante la 264ª sarebbe poi rimasto per sempre in terra di Russia. Per un caso fortuito, mi sono trovato a poter visionare un lascito del nostro tenente: un pacchetto di lettere alla moglie contenente anche qualche altro ricordo cartaceo di quei mesi di guerra.
Di particolare interesse è certamente un foglietto, accuratamente conservato, che riporta in stampa la “Preghiera dell’Alpino” nella versione conosciuta nel 1940. La presenza temporanea di Truppe Alpine nel brindisino doveva essere davvero consistente, se il parroco della chiesa di San Pietro Vernotico (con “l’approvazione dell’autorità ecclesiastica”) aveva sentito la necessità di dare alle stampe la “Preghiera…” in occasione del Natale per poterla donare a quei ragazzi che stavano per passare l’Adriatico per andare a combattere una guerra che, fin dai primi mesi, si preannunciava infausta per il Regio Esercito: già la Julia in quei giorni, duramente provata da due mesi di combattimenti in mezzo a condizioni climatiche proibitive, era stata costretta a “riorganizzarsi”.
Interessante notare che il testo datato 1935, oltre a contenere un ovvio richiamo al Re e al Duce, aggiunga pascoli e pinete ai perenni ghiacciai e che faccia riferimento anche al “torrido estate” oltre che al gelido inverno. Indicativo della genesi dei reparti alpini è anche che le Alpi vengano definite “culla” generatrice di penne nere. Figlia della retorica del tempo è sicuramente infine la certezza del “giusto premio della vittoria” che doveva arridere alle nostre armi.
Il testo è probabilmente quello della prima stesura della “Preghiera…”, il cui autore, come emerso da una ricerca di parecchi anni fa del noto storico delle vicende delle Truppe Alpine Luciano Viazzi, era nientemeno che l’allora maggiore Gennaro Sora, che da subalterno nel battaglione Edolo si era meritato tre medaglie d’argento nella Grande Guerra per azioni nella zona del passo Tonale ed era divenuto famoso nel 1928 per le vicende dei soccorsi ai superstiti della spedizione Nobile con il dirigibile “Italia” al Polo Nord.
Era nata come “Preghiera dell’Alpino dell’Edolo”, battaglione allora di stanza a Malles in Val Venosta di cui Sora era nel frattempo diventato comandante. Però si diffuse ben presto e finì per essere adottata anche da altri reparti. Fu appena nel 1949 che nacque la “Preghiera…” in una nuova versione, simile a quella di oggi, autore questa volta un cappellano militare del 4º Reggimento di stanza a Torino che volle inserire anche un riferimento alla “Madonna degli alpini”. Il testo fu poi approvato dall’Ordinariato militare per divenire patrimonio comune di tutte le penne nere.
Pino Ielen