Torniamo a pensare che siamo corpo

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    Siamo cresciuti sentendo dire che siamo il Corpo degli alpini. Corpo. Ma cosa vorrà dire concretamente essere un corpo? Per una volta mi permetto un’arbitraria incursione ecclesiastica, abdicando alla laicità del mio ruolo. Ma è importante per aiutarci a capire. Chi ha la mia anagrafe e ha frequentato il catechismo, che ai miei tempi era obbligatorio come il vaccino contro il vaiolo, sa che quando si parlava di Chiesa la si definiva “la società perfetta dei cristiani”. Una visione piramidale, con al vertice papa e cardinali, poi vescovi e preti e giù, giù fino a terra, per trovare la povera gente, che ubbidiva molto e contava poco. Poi, un bel giorno, grazie a qualche mente illuminata, si decise di indagare le scritture e qui, pescando tra le perle che contengono, ci si imbatté in una affermazione dirompente, là dove si definisce la Chiesa il Corpo di Cristo. Bum!

    Fu una rivoluzione epocale. Si scoprì finalmente che corpo dice, prima di tutto, funzioni diverse, ma tutte di uguale dignità e importanza. Non sono previste le classifiche, di serie A, B, C… La testa sarà anche fondamentale, ma se il nervo sciatico decide di fulminarti, vai a dire che tutto va bene perché sei l’erede di Einstein. Il cuore sarà anche determinante, ma se lo stomaco ti regala un reflusso gastrico da palpitazioni, vai a dire che sei in formissima perché sistole e diastole prima funzionavano.

    Fuori metafora, dire corpo dice prima di tutto complementarietà e uguale dignità. Come nel corpo umano, così in quello degli alpini non ci sono piramidi, dove qualcuno è più utile degli altri. Gli alpini hanno bisogno di un Presidente, di un Consiglio nazionale, di un responsabile di Sezione e di Gruppo… Ma cosa sarebbe tutto questo senza la funzione vitale dei gruppi e dei tanti alpini operosi ed umili che in essi militano, consentendo la circolazione di sangue ed ossigeno nell’Associazione?

    Dire corpo vuol dire poi che bisogna lavorare insieme per conseguire gli stessi obiettivi. Provate a pensare quando una malattia colpisce qualche parte del nostro fisico. Basta pochissimo per vedere coinvolto tutto il resto in un decadimento conseguente. Segno che in un corpo nessuno può permettersi di andare per conto proprio. Può succedere anche tra noi alpini, che il protagonismo di qualcuno prenda il sopravvento sull’interesse comune.

    È il momento in cui il mio vantaggio seppellisce il nostro, quando il mio panettone è più buono del tuo, le mie bollicine più bollicine delle tue, i miei programmi con la precedenza sui nostri, la mia immagine più celebrata della tua… Infine, dire corpo, è dire calore. Calore di cuore, calore umano, senza il quale anche le migliori istituzioni finiscono per diventare lapidi. Buone da vedere per gli occhi e la memoria, ma fredde e lontane per essere cose della vita.

    Bruno Fasani