Tornate presto!

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    Ve ne state già andando? Rimanete ancora un po’. Tornate presto. Siamo stati bene con voi. In sintesi: “Grazie alpini!”. Questo era il senso dei titoli e dei commenti che sono apparsi sui giornali locali e sui siti on line. Gli astigiani si sono risvegliati il 16 maggio più ottimisti e fiduciosi. C’è chi ha definito l’Adunata nazionale degli alpini “una ciucca allegra” dalla quale si esce con il sorriso.

     

    L’annunciata “esplosione di umanità” ha risaldato ricordi, favorito nuovi incontri, dato valore alla parola amicizia. Asti si è riscoperta capace di sorprendere chi non la conosceva con la bellezza del suo centro storico, la capacità organizzativa, l’offerta di accoglienza di una città di 75mila abitanti che si ritrova per tre giorni con più del quintuplo della sua popolazione. E non vanno dimenticati gli altri centri del Monferrato che si sono aperti alla coinvolgente marea delle penne nere. Gli astigiani, superata la naturale ritrosia piemontese si sono lasciati coinvolgere e prendere dal senso di alpinità.

    Lo si vedeva dalle vetrine dei negozi, dai balconi e dalle finestre con il Tricolore, dalle centinaia di occasioni di incontro organizzate per la tre giorni dell’Adunata. Lo si è visto dalla spontaneità del vescovo mons. Francesco Ravinale, sulla tribuna d’onore con il cappello alpino: «Non ho fatto il militare, ma questo cappello me lo hanno regalato gli alpini e ne vado fiero, è un segno di fraternità». L’innamoramento tra Asti e gli alpini non è stato un colpo di fulmine, c’è una lunga storia in comune già vissuta e che rimandava alla precedente Adunata del 1995, ma che fosse amore vero e consolidato lo si è capito la sera del 15 maggio.

    Decine di migliaia lungo il percorso, che da piazza Lugano portava a piazza 1° Maggio, hanno salutato e applaudito la Sezione di Asti guidata da Adriano Blengio e coloro che hanno lavorato per mesi alla riuscita della grande manifestazione: il Comitato Organizzatore Adunata, presieduto da Luigi Cailotto. Gli applausi e i grazie della gente, ancora lì dopo 12 ore si sfilata, veri e sinceri nella loro spontaneità, rimarranno nel cuore di tutti.

    È uno scambio di reciproco affetto, la riconoscenza di chi ha ricevuto passione, stimoli, voglia di esserci e gioia per esserci stato. Neppure il maltempo era riuscito a raffreddare gli entusiasmi. Il temporale di sabato pomeriggio ha reso provvidenziali i portici della città e favorito la visita alle mostre, ai musei, alle chiese che la sera sono diventati straordinari auditorium per i cori alpini. Domenica Asti ha regalato una giornata di sole primaverile, ma già tiepido, un venticello leggero che ha allontanato le nubi e fatto risplendere la corona delle Alpi e l’anfiteatro delle colline. Uno spettacolo che dai 44 metri della medioevale Torre Troyana si mostrava in tutta la sua bellezza: sono stati più di ottomila gli alpini e i loro accompagnatori che hanno “scalato” la torre, salendone i 199 gradini e ricevendo in cambio la cartolina-attestato della loro “impresa” panoramica.

    In cima un rotolo di pergamena, lungo più di 40 metri e dipanato per tutta la lunghezza della torre, ha raccolto migliaia di messaggi, firme, versi, preghiere, segni del passaggio in quel luogo storico e affascinante scelto a simbolo dell’Adunata. La Torre Troyana è stata “adottata” degli alpini dell’Ana di Asti e sarà oggetto di una convenzione con il Comune e altre associazioni culturali per favorirne la visitabilità anche dopo l’Adunata.

    Non sarà l’unico segno tangibile rimasto a ricordo dell’evento. C’è il lavoro di recupero e restauro compiuto dai volontari alpini nelle scuole e nel Parco dei Partigiani. C’è il valore delle mostre che hanno trasformato l’enofila in un palazzo della memoria. Asti per l’occasione ha finalmente aperto Palazzo Alfieri, la casa natale del poeta, al centro di un ampio restauro.

    Sergio Miravalle

    sergio.miravalle@mailbox.lastampa.it


    Che cosa racconta la fotografia divenuta l’icona dell’Adunata di Asti

    In una società delle immagini c’è una fotografia divenuta icona mediatica dell’Adunata di Asti. È stata postata su Facebook e in poche ore ha avuto decine di migliaia di “mi piace” e condivisioni. Un effetto “virale” durato per giorni. Ha colto un momento unico e irripetibile: una signora dagli occhi lucidi che segue la sfilata abbracciando il cappello di un alpino.

    C’è in quello sguardo tutto l’amore di una vita. Quella signora, per nulla turbata dall’improvvisa notorietà, vive ad Asti: è Pinuccia Nebbia, 95 anni ad agosto, moglie dell’ufficiale medico Remo Panirossi che partecipò alla tragica Campagna di Russia. Il marito riuscì a tornare in Italia e lavorò poi all’Ufficio d’Igiene. È scomparso nel 1996.

    La signora Pinuccia, accompagnata dai nipoti, ha voluto portare all’Adunata il suo cappello, mostrandolo con tenerezza agli alpini che le sfilavano davanti. Il nipote Enrico, giornalista, ha pubblicato sulla rivista di storia “Astigiani” le foto finora inedite che l’ufficiale medico scattò nella steppa nel gennaio 1943. Questo scatto diffuso su Facebook racchiude dunque questa storia di amore e fedeltà. E Asti, con il sindaco Fabrizio Brignolo, ha lasciato la stecca agli amici di Treviso dove nel 2017 si terrà la 90ª Adunata denominata del Piave.

    Altre storie, nuove passioni e due brindisi benaugurali incrociati: dalla città dell’Asti spumante alle terre del Prosecco.