Terremoto a quota 1.600

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    L’impressionante faglia che spacca la costa del Redentore – Monte Vettore – sui Monti Sibillini, le cui immagini sono state rilanciate da tutti i media internazionali, si apre a poche centinaia di metri dal Rifugio Ana di Forca di Presta, nel comune di Arquata del Tronto, intitolato alla Medaglia d’Oro Giovanni Giacomini di Ascoli Piceno. La struttura sorge a 1.560 metri di quota ed è il più elevato avamposto presidiato dall’uomo sul monte Vettore. 

     

    Inaugurato nel 1973, il rifugio domina il valico che collega l’altopiano di Castelluccio di Norcia con la vallata del Tronto e dall’inverno del 1983 è gestito da Gino Quattrociocchi e dalla sua famiglia. Quattrociocchi, accompagnatore di media montagna, 66 anni, di Roma, custodisce con passione e competenza, con il costante sostegno della Sezione Marche e della Sede Nazionale, l’importante infrastruttura dell’Ana, che di fatto sorge sul baricentro della terribile sequenza sismica iniziata il 24 agosto. L’ultima notte che ha trascorso al rifugio è stata quella successiva alle due scosse del 26 ottobre, quindi prima della scarica tellurica più potente e devastante.

    In che condizioni è ora il rifugio?

    Alcuni membri del comitato di gestione, sono riusciti a raggiungerlo e hanno rilevato delle lesioni che non risultano fortunatamente gravi, ma rimediabili con un po’ di lavoro, anche se dentro, suppellettili di ogni genere, a terra, rendevano ben chiaro l’entità della scossa che ha dovuto subire. Salire è difficile perché tutte le strade sono per ora interrotte o praticabili con difficoltà e io non l’ho ancora visto. Dobbiamo capire bene cosa fare e come intervenire, di ciò il Comitato di gestione ed il tecnico responsabile se ne stanno già occupando, ma fino a primavera non se ne parla. Peccato, avremmo potuto ospitare anche alcune famiglie ora sfollate per la perdita delle proprie abitazioni ma, si sa, in inverno qui è dura e le vie d’accesso saranno probabilmente chiuse anche per neve e con tutti i problemi che ci sono a valle nessuno si potrà preoccupare di sgomberare le strade di montagna. Certo, ora la situazione non è per niente simpatica.

    E come aveva reagito il rifugio alle precedenti scosse fino al 26 ottobre?

    Non aveva subito alcun danno, nemmeno un segno. Gli alpini ci hanno messo ferro e cemento in abbondanza, era perfettamente agibile.

    Eravate lì anche il 24 agosto, quando il sisma ha devastato Amatrice, Accumoli e Arquata?

    Certo. Per puro caso non avevamo ospiti a dormire, ma fuori c’erano tende e camper. Quando è arrivata la scossa ci siamo sentiti come se fossimo dentro una scatola di scarpe che qualcuno faceva girare.

    Cosa è accaduto dopo?

    Abbiamo chiuso in attesa delle verifiche tecniche; poi la struttura è risultata agibile, ma siamo rimasti chiusi comunque perché ci siamo trovati in mezzo al deserto. Usavamo la cucina per preparare da mangiare per la tendopoli di Pretare, dato che avevamo viveri in giacenza. Poi io sono rimasto quasi sempre lì, per fare manutenzione e controllare. Visita graditissima, quella del Presidente dell’Ana Sebastiano Favero che in occasione di un sopralluogo presso le zone colpite dal sisma e diretto ad Ascoli Piceno per il Raduno del 4º Raggruppamento, non ha voluto rinunciare, insieme ai suoi collaboratori del Cdn ad una visita presso la struttura, unica nell’Italia peninsulare.

    Dove abita ora?

    A Ripatransone, in provincia di Ascoli, in un’abitazione che ho trovato tramite amici. La casa di mia moglie Barbara e mia è a Norcia, ma è risultata inagibile dopo la prima scossa e con quella più potente è stata completamente distrutta.

    Lei ha trascorso sul Monte Vettore 33 anni: in tutto questo tempo di terremoti ne avete già affrontati?

    Più d’uno: quello a L’Aquila, quello di Colfiorito, solo per dire i più recenti, ma con scosse così forti è la prima volta. Quando c’è stato il terremoto del 1997 non ero al rifugio ma poco lontano, in Val di Panico, sotto il monte Bove, per il corso da accompagnatore di media montagna: abbiamo avvertito la botta forte ma non siamo rimasti coinvolti. Comunque, danni al rifugio non ne abbiamo mai subiti.

    Questo però è stato il più forte di tutti…

    Questa è una situazione davvero complicata in cui speravamo di non trovarci mai. Eppure in montagna siamo abituati alle difficoltà, ci è capitato a volte di restare bloccati per giorni al rifugio a causa di bufere di neve, o di far fronte a temperature che hanno toccato anche i -36 gradi, ma un’emergenza come questa è imprevedibile e inaspettata.

    Quando conta di ripartire?

    Se tutto va bene, spero di poter riaprire in primavera. Adesso ci sono altre priorità, per la messa in sicurezza della gente e delle strade. Per quanto riguarda il rifugio, mi hanno già chiamato alpini da ogni parte d’Italia e tutti sono pronti a venire in ogni momento per darci una mano, se ci fosse bisogno. Sapremo accoglierli con un abbraccio fraterno. È proprio dell’ultimo momento, la disponibilità di un imprenditore della Sezione Ana di Trieste, di farsi carico delle spese di messa in sicurezza e ripristino dei danni subiti dal rifugio. Sto ricevendo molta solidarietà.

    Ma la gente tornerà dopo quello che è successo o vincerà la paura?

    Penso che la gente verrà. Chi va in montagna vuole sempre tornarci. Quelli che frequentano i rifugi non sono solo clienti ma appassionati ed amici, con cui si crea un legame diverso rispetto a quello con un albergatore della costa. Tutti quelli che mi hanno chiamato, e sono tanti, mi hanno detto che non vedono l’ora di tornare sui nostri monti.

    Enrico Barbetti

    LA LETTERA

    Caro direttore don Fasani, in questo momento in cui le forze distruttive della natura sono purtroppo riuscite a piegarci con la devastante scossa del 30 ottobre che ha di fatto posto fine al tessuto sociale della nostra comunità con ogni struttura, di ogni frazione dell’intero territorio montano di Arquata del Tronto praticamente a terra, anche se confortevolmente ospitati in strutture di accoglienza provvisorie ma, lontani dai nostri borghi e dalle nostre radici, sento il desiderio di comunicarti con questo bel messaggio, il pensiero di riconoscenza della nostra comunità, inviato qualche settimana fa alla nostra Associazione.

    La popolazione e le associazioni locali si uniscono nella volontà di ringraziare il Corpo degli alpini che in maniera strenua e senza sosta, sta portando aiuti e solidarietà alla popolazione colpita dal sisma del 24 agosto. Come sempre le brigate si sono distinte in attività di soccorso, compiendo e favorendo interventi umanitari come ad esempio l’allestimento, in tempo di record, della scuola provvisoria nella tensostruttura che ha consentito ai bambini il ritorno ad una normale quotidianità. L’assistenza, la beneficenza e il sostegno che state apportato alla popolazione di tutto il Comune di Arquata del Tronto rimarrà come ricordo indelebile in tutta la popolazione. Certo la situazione è ancora critica, la strada da compiere è senza dubbio lunga, ma l’agire degli alpini sa sempre infondere speranza e positività soprattutto nelle nuove generazioni. Vi ringraziamo sentitamente per il vostro lavoro, per il sacrificio e l’amore che questo glorioso Corpo è sempre in grado di portare nelle situazioni di difficoltà.

    Il Capogruppo di Arquata del Tronto, Giovanni Giansanti