Taurinense, bye-bye Afghanistan

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    Come nel 2010, in Afghanistan c’è stata la staffetta tra le brigate gemelle “Taurinense” e “Julia” alla guida del comando della regione occidentale del Paese. Il 24 marzo il generale Dario Ranieri ha ceduto il comando al generale Ignazio Gamba, al termine di un semestre intenso in cui la Taurinense ha assistito e facilitato la transizione della responsabilità della regione alle autorità e alle forze di sicurezza locali. È quindi il momento di tracciare un bilancio dei progressi registrati da questa missione, per quanto riguarda la Taurinense, da inserire nella prospettiva del 2014, quando la missione internazionale, nella forma attuale, si concluderà.

    Questa, infatti, è stata l’ultima missione della brigata in Afghanistan per la quale si concluse un ciclo nel quale gli alpini si sono spesi con generosità e umanità, pagando un pesantissimo tributo di Caduti. Il principale progresso registrato negli ultimi sei mesi riguarda senz’altro la polizia e l’esercito, che hanno raggiunto praticamente quota 30.000 effettivi, mentre tre anni fa non superavano le 10.000 unità. Il triplicarsi delle forze ha comportato automaticamente una maggior presenza sul territorio e l’assunzione formale e sostanziale della leadership da parte delle unità afghane, che adesso guidano oltre l’80% delle operazioni.

    Il cambio di passo ha comportato un’evoluzione del ruolo dei militari italiani, chiamati ora ad una funzione di sostegno e di advising. Il nuovo ruolo ha portato anche al ridimensionamento del contingente nazionale: durante il mandato della Taurinense, la base operativa di Bakwa è stata ceduta dagli Alpini del 2° reggimento di Cuneo agli uomini del 207° Corpo dell’Esercito afgano e il numero dei militari italiani schierati nella regione occidentale dell’Afghanistan è sceso da 4.000 a meno di 3.000.

    Il progresso è stato anche qualitativo: i soldati e i poliziotti locali sono molto meglio equipaggiati e addestrati rispetto a dieci anni fa, e mostrano un’efficienza complessiva di tutto rispetto. I bollettini che i Comandi afghani emanano con cadenza praticamente giornaliera raccontano di un impegno costante nella lotta agli insorti e di risultati sul campo molto positivi, conseguiti spesso con notevoli sacrifici. Ai progressi sul versante della sicurezza si sono sommati, in un’ottica globale, quelli nel campo dello sviluppo socioeconomico.

    L’Afghanistan rimane un Paese arretrato in termini assoluti, ma presenta – a dodici anni dalla fine del regime Talebano – molti segnali di indiscutibile crescita. L’aspettativa di vita è salita di sei anni rispetto al 2000 ed ha superato i 50 anni (in Italia supera gli 80), mentre nello stesso arco di tempo il reddito pro-capite si è più che triplicato e il livello di istruzione cresciuto in modo netto: nel 2000 un giovane afgano frequentava soltanto due anni di scuola, mentre oggi la media è di dieci anni, con un incremento straordinario della presenza femminile nelle aule scolastiche e universitarie (a Herat circa metà degli undicimila studenti dell’ateneo sono ragazze).

    L’istruzione è tradizionalmente al centro dell’impegno del contingente italiano, che nella provincia di Herat ha costruito 81 scuole dal 2005 a oggi – 13 delle quali inaugurate dalla Taurinense – il che sta permettendo a migliaia di bambini e bambine di frequentare le lezioni all’interno di strutture coperte, solide, riscaldate e attrezzate. Certo, la condizione della donna è ancora difficile, ma c’è maggior emancipazione e partecipazione alla vita pubblica rispetto al periodo buio dei talebani. Anche l’informazione fino a pochi anni fa era il dominio di pochi, mentre oggi oltre il 60% della popolazione possiede un cellulare e i media locali non parlano solo di fatti di cronaca, ma anche di sport e di costume.

    Insomma, l’Afghanistan del 2013 è in trasformazione e anche se i nodi da sciogliere non mancano l’impegno internazionale per la sicurezza e il sacrificio di molti militari italiani – l’ultimo dei quali è stato il caporal maggiore Tiziano Chierotti del 2° Alpini, caduto tragicamente a Bakwa lo scorso 24 ottobre – hanno indiscutibilmente aiutato a voltare pagina il Paese che era la base di Al Qaeda e dei talebani. Oggi il futuro dell’Afghanistan sta gradualmente ma giustamente passando nelle mani degli afgani: negli scorsi sei mesi il governatore di Herat ha ripetuto più di una volta che era venuto il momento di fare da sé.

    Mario Renna


    In piazza Castello a Torino: “Bentornati, alpini!”

    Solenne cerimonia in piazza Castello a Torino per dare il “bentornati” agli alpini della brigata Taurinense rientrati dall’Afghanistan al termine della missione durata sei mesi al comando del gen. Dario Ranieri. C’erano il sindaco Piero Fassino a salutarli a nome di tutti i torinesi, il gen. Claudio Graziano, capo di SME, il gen. Alberto Primicerj comandante delle Truppe alpine. Questa appena conclusa è stata l’ultima missione della brigata in terra afgana, così come è quella in corso da parte della Julia. Dal 2014 cambierà la tipologia dell’intervento internazionale. Dallo scorso settembre alla fine di marzo, gli uomini e le donne del 2° reggimento Alpini di Cuneo, del 3° di Pinerolo, del 9° de L’Aquila, del 1° artiglieria di Fossano e del 32° genio di Torino hanno condotto centinaia di operazioni in partnership con la polizia e l’esercito afgani, che oggi guidano autonomamente l’80% delle operazioni. Sul fronte dello sviluppo sono state realizzate scuole, costruiti pozzi, ponti, è stata data ogni tipo di assistenza per migliorare le condizioni di vita in tanti villaggi.