Sull'Ortigara, pensando all'Adunata

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    Centinaia di alpini, 35 vessilli, una selva di gagliardetti al pellegrinaggio sulla ‘montagna sacra’.

    L’anno prossimo saremo di nuovo qui, in migliaia, decine, centinaia di migliaia, per ripercorre il pellegrinaggio dell’Ortigara e testimoniare che il nostro patrimonio di identità, di o­nestà, di solidarietà e di amore verso gli altri vogliamo che continui e che si perpetui, per i nostri figli, per dare una speranza a un mondo che ci sembra disperato. Se riusciremo tutti a sentirci parte di un Paese, fieri di esserlo, tramanderemo l’impronta che ha fatto grande l’Italia, alla quale guardare con ammirazione e rispetto .

    Il vice presidente nazionale vicario Vittorio Brunello ha concluso così il suo intervento ufficiale alla spianata del Lozze, ai piedi dell’Ortigara, a conclusione di un pellegrinaggio che aveva in più il sapore della vigilia: l’adunata nazionale dell’anno prossimo. Per questo è stato un pellegrinaggio speciale, se può essere usato questo termine per l’Ortigara, che costituisce un assoluto nella scala dei valori alpini. È una montagna sacra, in cui il ricordo dei giorni terribili vissuti quasi novant’anni fa da decine di migliaia di soldati è ancora incombente visibile. Lo si comprende dallo stesso paesaggio, percorrendo la mulattiera che porta all’altopiano, passando prima su distese di pascoli e malghe, poi sempre più accidentata fino alle prime rocce. E continuando in un paesaggio carsico che sembra abbandonato dalla natura, disseminato di buche e avvallamenti, ruderi di postazioni austriache, devastazioni del terreno sul quale non cresce neanche un filo d’erba, tanto fu bruciato e sconvolto dalle granate.

    Fino alla Colonna Mozza, un drammatico monito alla pace, un monumento a tante vite spezzate. Guardando dalle trincee incise nella roccia, trincee difese, perse, riconquistate, ancora perse, o dalle finestre scavate sulla parete della montagna, lungo un camminamento di strette gallerie, viene quasi impossibile pensare che decine di migliaia di giovani abbiano potuto fronteggiarsi così tenacemente perché il senso del dovere imponeva loro di obbedire. Così, ecco sul fronte austriaco la piazzola che fungeva da poligono per la fucilazione dei disertori, e più avanti quella sulla quale vivevano attimi atroci i feriti, in attesa di conoscere la propria sorte: se medicati e trasferiti o se, incurabili, portati altrove e abbandonati per lasciar posto ad altri, giudicati recuperabili. Ed ecco il costone opposto, oltre la strettoia della valle, dal quale una intera compagnia di nostri allievi ufficiali si calò, ad uno ad uno, e uno dopo l’altro precipitò colpito dai cecchini nel tentativo, finalmente riuscito ma quante giovani vite sacrificate! di raggiungere una cengia sulla quale piazzare una mitragliatrice capace di battere le postazioni avversarie.

    Laggiù, a sinistra, oltre il cippo dedicato ai Caduti austro ungarici, la Valsugana: è da lì che salì sull’Ortigara anche il nonno del vostro cronista, al quale fra assalti e contrassalti rifecero otto volte la compagnia in un sol giorno. Caro nonno Bepi, eroico invalido della Grande Guerra, che a ottant’anni ti svegliavi nella notte gridando, pensando di andare ancora all’attacco, tuo nipote è andato alla colonna mozza anche per te. Lasciata la cima, superate le ripide rocce e la barriera di mughi dalle bacche odorose di resina è il momento della raccolta, per farne infusi salutari che copre la pietraia devastata, si ritrova il sentiero che serpeggiando porta in vista della Madonnina del Lozze.

    L’altopiano è alle nostre spalle, ma chissà perché lo sentiamo ancora incombente, come se volesse trattenerci, quasi avessimo dimenticato qualcosa lassù, fra quei sassi che furono insanguinati da tanti soldati, da tanti nemici divenuti fratelli nella morte. Già si vede tra i rami dei pini la colonna sulla quale la Madonnina dell’Ortigara veglia su tante vite spezzate, in poco tempo si supera il crinale e ai arriva alla chiesetta del Lozze, dove è tutto pronto per la celebrazione della Messa: c’è un picchetto d’onore degli alpini con il vice comandante gen. Carlo Frigo, ci sono il vice presidente vicario Brunello, il presidente della sezione di Asiago Massimo Bonomo che lavora da un anno per preparare la prossima adunata, ci sono tanti presidenti di sezione, 35 vessilli, centinaia di gagliardetti. Piove a dirotto, cade anche la grandine, ma la cerimonia va avanti come se nulla fosse.

    Ci vuole altro! La montagna è coperta da nuvole scure. È ritornata nel silenzio. L’Ortigara è tornato ai suoi Caduti. Che non saranno mai soli: saranno sempre dappertutto, dove siamo noi.

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