Scritti… con la divisa

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    Siamo in compagnia di Domenico Antonio Cesaretti, detto Augusto, Giuseppe Patrucco e Aldo Provera, tre alpini che con le loro vicende belliche ci portano in Albania, Grecia e Montenegro, la maggior campagna intrapresa dal Regio Esercito nella Seconda guerra mondiale. In sei mesi di ostilità, infatti, vennero inviate su questo fronte 28 Divisioni (23 di fanteria, 4 di alpini e 1 corazzata); altre due Divisioni di fanteria arrivarono in Albania ormai a campagna conclusa con 4 reggimenti autonomi (3 di cavalleria, 1 di granatieri) per un totale, all’aprile 1941, di 513.500 effettivi. Nella memoria collettiva è rimasta secondaria ad altre tragedie belliche, che coinvolsero l’Esercito italiano, come la campagna nel Nord Africa e quella di Russia; eppure la campagna dei Balcani merita di essere ricordata, non solo per il sacrificio di tante giovani vite, ma anche per evidenziare l’insensatezza politica e l’impreparazione militare di chi approvò e promosse quella spedizione.

    Di Domenico Antonio Cesaretti, detto Augusto, classe 1916, i familiari hanno una lettera scritta il 4 maggio 1943 dalla Grecia, dove sono rimaste truppe italiane a presidio e alle dipendenze di comandi tedeschi. Il luogo non è indicato e la lettera arriva ai familiari tramite un commilitone che è rimpatriato. “Mia cara Ida l’altro ieri ti ho fatto un espresso perché con una tua ultima lettera mi dicevi che è dal giorno 9 dello scorso mese che non ricevevi mie notizie, ma io tutti i giorni o lettera o cartolina ho sempre scritto e per questo ti ho fatto l’espresso, ma manco questo ti sarà giunto dato i misfatti che succedono lungo il percorso, ma adesso ho la bella combinazione che viene in congedo questo mio amico di Piè del Poggio (frazione di Leonessa – Rieti) e allora non solo io ma tutti i compaesani approfittiamo dell’occasione dato che lui viene a casa sicuro (…) perché in seguito è ben difficile di ricevere più posta e con questo bisogna rassegnarsi da una parte all’altra”. La moglie ha un figlio che Augusto non aveva potuto abbracciare perché richiamato alle armi: “Noi qui ci troviamo in brutte condizioni, con la probabilità che anche perdendo la guerra di rivederci sarà ben difficile oppure molto a lungo, ma viviamo nella speranza dei nostri cari e i gloriosi Santi ci aiutino a superare i momenti più brutti ma sai che nelle mani dei tedeschi si vive molto male (…). Tu stai tranquilla e pensa per te e il piccolo che io sono uomo, mi saprò un po’ meglio difendere. Una sola cosa mi dispiace che non ho potuto conoscere il mio caro adorato, ma tu come madre gli parlerai qualche volta di me, ma lui sicuro ti comprende. Comunque ti raccomando di stare tranquilla e tieni da conto il nostro caro e adorato Alfredino. Dagli tanti tanti bacioni per mio conto e parlagli di me, certo che non ti risponde perché non parla, ma da quella boccuccia ti farà un sorrisino che ti accontenta lo stesso, quindi cara se non ricevi più mia posta in avvenire non stare in pensiero perché è causa del traffico. Baci ciao ciao Tuo Augusto”. Chi ci ha fatto avere la lettera è il nipote Nardino che scrive: “Augusto è nato il 22 luglio 1916, morto 23 marzo 2005 – militare dal 1936 al 1938, 9º reggimento alpini, battaglione L’Aquila, divisione Julia – richiamato nel 1940, destinazione fronte greco-albanese. Rientrato nel 1944 con un principio di congelamento alla gamba destra, ha ricevuto la Croce di guerra, si è sposato e ha avuto 5 figli. È stato iscritto al Gruppo alpini Leonessa fino alla sua morte”. Quindi Augusto se l’è cavata.

    Di Giuseppe Patrucco ci informa Mario Provera, “amico degli alpini”, figlio di Pietro per trent’anni capogruppo di Mirabello Monferrato. Egli ha ereditato alcuni scritti di Aldo Provera e Giuseppe Patrucco del 1923, classe che funse da complemento per il 3º reggimento alpini dislocato in Croazia e Montenegro: ragazzi che, dopo una breve istruzione a Pinerolo e Fenestrelle, venivano inviati al fronte. Patrucco fu inviato sul fronte greco-albanese, mentre Provera venne trattenuto e curato in Italia perché affetto da una infezione polmonare che alla fine della guerra gli costerà la permanenza per un anno in sanatorio. Patrucco finisce in Montenegro e in data 1º aprile 1943 scrive a Provera: “P.M. 200 – Carissimo amico con molto piacere ho ricevuto la tua cartolina e sono molto contento che hai preso un mese di convalescenza. Io qui di salute sto benissimo ma tu sei stato fortunato… mandami a dire come te la passi a casa io qui ho cominciato la vita sotto la tenda… qui ho trovato paesani e ci facciamo un’ottima compagnia, ho trovato gli amici di Erba e gli ho detto che hai preso 6 mesi, hanno detto che hai avuto una bella fortuna”.

    Aldo Provera continua ad essere in servizio, seppure “in convalescenza” a Pinerolo e all’indomani dell’8 settembre 1943 scrive ai familiari: “Carissimi, trovandomi ancora a Pinerolo, vi scrivo la presente per darvi brevi notizie. Io sempre bene, come bene spero di voi. Ieri essendo il 2º compleanno della naia, per il quale non avrei mai pensato né creduto di stare a Pinerolo dal settembre 8/1942 al settembre 8/1943 e neanche ne avrei pensato che proprio l’8 settembre sarebbe terminata (…) o meglio che sarebbe giunto quel giorno e quell’ora tanto aspettata e sospirata da molto tempo da tutti gli italiani. Ieri sera ero di servizio in città per Ordine Pubblico e così ho sentito tutti i comunicati speciali. Vi posso anche dire che stanotte non si è potuto dormire causa gran fracasso. Tutti sono diventati momentaneamente fuori di sé. Sebbene prima dell’ora sono subito suonate le ritirate in tutte le caserme siccome vi erano in giro anche molti tedeschi e avevano paura di qualcosa che invece poi si è verificato quasi nulla, essendosi ritirati subito. Ora ne siamo di nuovo rinchiusi in caserma come il 26 luglio al crollo di quel Criminale, ma presto di nuovo ne apriranno la porta”. Invece, l’8 settembre 1943, Patrucco viene catturato dai tedeschi come tanti altri alpini del 3º reggimento e, internato a Essen in Germania, morirà il 25 gennaio 1944. Dopo una prima sepoltura in loco, è stato tumulato nel cimitero militare italiano d’onore di Amburgo, come segnalato dall’instancabile Roberto Zamboni (https:// dimenticatidistato.com). Ora sono in corso le procedure perché la salma di Giuseppe Patrucco possa rientrare in Italia, con una trentina di Internati militari italiani di origine monferrina, tuttora sepolti in cimiteri militari della Germania. Tutto ciò se si concretizzerà il progetto dell’Associazione “Li riporteremo a casa in Monferrato” della quale fa parte anche il presidente della Sezione di Casale Monferrato Gianni Ravera. L’Associazione, nata nel 2018, ha progettato un famedio da costruire nel cimitero di Casale per accogliere gli Imi e ricordarne la storia. La pandemia ha rallentato il progetto, ma l’Associazione ha continuato ad aiutare i familiari nel disbrigo delle pratiche burocratiche e nella richiesta dell’assegnazione della “Medaglia d’onore”. Ai parenti di Patrucco è stata consegnata il 2 giugno 2019. A breve si prevede anche il ritorno in Patria dei suoi resti.

    Luigi Furia