Sapore alpino

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    La battuta più sentita ad Udine era quella per cui, vista la siccità, gli alpini “avevano fatto un altro miracolo, tramutando il vino in acqua”. In effetti la pioggia è stata per cinque giorni una costante nella bella città friulana, di fatto dal mercoledì mattina al tardo pomeriggio della domenica, con una apprezzata tregua il sabato sera, quando la città era al massimo dell’affollamento. Ma a prevalere è stato il meraviglioso abbraccio tra le penne nere e la comunità, che ci ha accolto con un calore capace di asciugare qualunque umidità, compresa quella provocata dalla commozione delle persone che, a decine di migliaia, si sono assiepate la domenica lungo il percorso della sfilata, instancabili sino a sera sotto un oceano colorato di ombrelli.

    Il 94º appuntamento mondiale delle penne nere ha restituito appieno all’Adunata il senso di condivisione e fraternità, che sembrava essersi attenuato tra rinvii per la pandemia e sterili quanto strumentali polemiche. Udine, città della Julia, è terra alpina d’elezione e ogni evento è andato in scena nella scia di questo assunto positivo. Lo si è capito già giovedì, giornata di anteprima e per cui pubblichiamo un servizio dedicato, con la visita al Sacrario di Redipuglia, l’omaggio al cimitero degli Eroi di Aquileia, le benemerenze alle Sezioni bresciane bergamasca che lavorarono nei cantieri di Gemona dopo il sisma del 1976 e l’omaggio a Franco Bertagnolli, presidente dell’Ana dal 1972 al 1981, ispiratore dell’intervento dei volontari alpini nella ricostruzione.

    Alzabandiera sulla torre del Castello che domina il centro storico e, quindi, sguardi verso l’alto nonostante gli scrosci di pioggia, il venerdì mattina, presenti il nostro Labaro, scortato da presidente nazionale e intero Consiglio direttivo, assieme alle autorità cittadine e ai vertici degli alpini in armi, per il via ufficiale alla tre giorni udinese. E lì si è capito che la partecipazione sarebbe stata eccezionale, corale: presenze di cui ha goduto anche la Cittadella degli Alpini allestita da Ana e Truppe Alpine al parco Moretti, meta incessante di visitatori per tutto l’arco dell’Adunata. Ed emozione alle stelle nel pomeriggio per la sfilata nelle vie del centro cittadino delle tre Bandiere di guerra dell’ 8º reggimento alpini, del 14º reparto Comando e Supporti Tattici, del 3º Artiglieria e dello stendardo di Piemonte Cavalleria, che davanti al municipio, in piazza della Libertà, sono state accolte dal saluto del sindaco Alberto Felice De Toni.

    Un sindaco fresco di nomina, che si è trovato praticamente l’Adunata, la quinta ospitata a Udine, già pronta da sfornare e che accogliendo con entusiasmo e a cuore aperto gli alpini ha definito più volte la circostanza una vera fortuna, ringraziando per l’opera di preparazione il suo predecessore Pietro Fontanini, che ha lavorato a lungo fianco a fianco al presidente della Sezione udinese, Dante Soravito de Franceschi. Non tracciamo un resoconto pedissequo degli eventi, perché tutto è stato affettuoso e partecipato, ma è doveroso rendere merito ai paracadutisti dell’Esercito che sabato mattina si sono lanciati nonostante il meteo incerto portando con grande precisione un enorme Tricolore sul cortile del castello.

    Come sempre il sabato è stata la giornata degli incontri ufficiali, sia con Sezioni all’estero e delegazioni dell’Ifms, la Federazione internazionale dei soldati della montagna, sia con le massime autorità (e, vista la rilevanza, dedichiamo loro un servizio a parte). Le austere volte della cattedrale, gremita di fedeli, hanno accolto sempre sabato la celebrazione eucaristica, presieduta dall’arcivescovo mons. Andrea Bruno Mazzocato, il quale nell’omelia ha definito gli alpini portatori di speranza in questi tempi non facili, una speranza verde come il colore delle loro mostrine.

    Un altro momento molto suggestivo (goduto da quanti hanno preso parte alla cena d’onore nei saloni del castello) è stata a tarda sera l’esecuzione di una versione armonizzata de Il Silenzio fuori ordinanza affidata a 103 trombettieri, tanti quanti sono gli anni della nostra Associazione. Uscire dal castello non è stato facile dopo la mezzanotte fendendo la folla assiepata nel centro cittadino: una festa enorme, per qualche ora risparmiata dalla pioggia, una partecipazione corale e chiassosa che non ha fatto registrare inconvenienti. Ma è stata la sfilata della domenica a rendere il senso vero dell’Adunata, la plastica dimostrazione di cosa significhi questo grande evento: un passaggio ordinato di circa 85mila alpini e con loro, splendidi davvero, i giovani tra i 16 e i 25 anni dei nostri Campi scuola (che raccolgono di anno in anno sempre maggiori consensi), incuranti della pioggia caduta per 8 delle oltre 11 ore su penne nere e pubblico, un pubblico impressionante per quantità ed entusiasmo.

    La voglia di esserci e di mostrarsi come sempre uniti, coesi, dietro striscioni che hanno ricordato sia i temi “classici” della storia alpina, sia i messaggi che le penne nere, “la più bella famiglia” motto dell’Adunata, portano in questa società sempre più liquida in cui i punti di riferimento sono stati smarriti da troppi e i doveri sembrano relegati quasi alla nostalgia. Un senso di amor di Patria, spirito di servizio e rispetto per le istituzioni che è stato colto appieno dalle istituzioni stesse, che hanno partecipato al più alto livello all’evento: il presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, è giunta infatti di buon mattino a piazzale Osoppo, luogo dell’ammassamento insieme al ministro della Difesa, Guido Crosetto, ricevendo gli onori militari, aprendo di fatto la sfilata e percorrendo a piedi gli ultimi trecento metri, salutata dalla folla, prima di salire sulla tribuna d’onore.

    Qui, tra gli altri, col presidente nazionale Sebastiano Favero, c’erano anche il ministro per i Rapporti col Parlamento, Luca Ciriani, il presidente della Regione Friuli Venezia Giulia, Massimiliano Fedriga, il sindaco e l’arcivescovo e le massime cariche militari, tra cui il capo di Stato maggiore dell’Esercito, gen. C.A. Pietro Serino, il comandante del Covi, gen. C.A. Francesco Figliuolo e il comandante delle Truppe Alpine, gen. C.A. Ignazio Gamba; nel pomeriggio sono giunti a salutare gli alpini anche il presidente del Senato, Ignazio La Russa e il presidente della Regione Veneto, Luca Zaia. E a sfilare davanti al Labaro dell’Ana i sindaci, centinaia di sindaci, fieri di rappresentare i loro territori, che con gli alpini hanno un legame ultrasecolare e fortissimo.

    Giorgia Meloni ha sottolineato come l’Adunata sia una straordinaria manifestazione di senso di Patria, «valore di cui in questo momento c’è estremamente bisogno» e di come gli alpini siano davvero «la più bella famiglia, numerosissima ». Un’importante apertura è arrivata dal ministro della Difesa, Crosetto, artigliere da montagna, figlio e nipote di alpini, il quale ha detto che presto ci sarà una calendarizzazione parlamentare della proposta che viene dall’Ana di avere un ruolo attivo nella formazione della istituenda riserva operativa dell’Esercito; proposta da inquadrare nell’ottica di prospettiva per i giovani nel servizio al Paese e di futuro per la nostra realtà. Dal canto suo il presidente del Senato ha espresso poi il suo «amore incondizionato per chi porta le stellette» e la sua vicinanza agli alpini.

    E dopo che la marea delle penne nere friulane ha chiuso la sfilata, il passaggio della stecca dalle mani di Dante Soravito de Franceschi al collega e amico Lino Marchiori, presidente della Sezione Vicenza “Monte Pasubio”, affiancati dai rispettivi sindaci, Alberto Felice De Toni e Francesco Rucco, ha posto il sigillo su una delle Adunate indubbiamente più riuscite degli ultimi anni, sicuramente una delle più emotivamente coinvolgenti. Ma domani è già Vicenza.

    Massimo Cortesi