Mi riferisco all’intervento di Roberto Martinelli riportato, in bella evidenza, sul nostro mensile di febbraio, sotto il titolo “Indignate reazioni”. Martinelli ritiene “scandaloso” che a 3 anni dal sisma che ha colpito parte dell’Italia Centrale ci sia ancora chi sta trascorrendo l’inverno in case di emergenza. Egli afferma che la ricostruzione stenta a decollare e che le persone per il terzo Natale sono state costrette a sopravvivere in ambienti essenziali dalle dimensioni minime. Precisa che il sisma ha interessato circa 140 comuni, sparsi in 4 Regioni diverse e lamenta che ci si preoccupi di tante altre cose (migranti, banche, reddito di cittadinanza), “ma poi ci si dimentica dei poveri terremotati”. Da alpino, orgoglioso qual è, per tutto questo egli esclama: “Che vergogna!”. Nel tuo commento, tu, caro don, attribuisci la problematica situazione alla burocrazia e alla politica “che tende ad occuparsi di ciò che mediaticamente tira al momento”. Affermazione, quest’ultima, che mi pare azzardata perché io ritengo che i politici farebbero carte false pur di passare per gli artefici della ricostruzione, dato che, se così fosse, avrebbero la rielezione assicurata. Io non mi sogno di chiamarmi fuori e di attribuire il tutto a burocrazia e politica, come se i governanti che abbiamo e che abbiamo avuto ci fossero stati imposti da qualcuno piovuto dal cielo e non scelti da noi stessi tramite libere elezioni. Avevo appena smesso i calzoni corti che sentivo dire che l’Italia naviga sulla carta anziché essere fondata sul lavoro. Da allora, sono passati diversi decenni. Quindi, se siamo ancora ad incolpare la burocrazia, in buona sostanza significa che gli italiani, alpini compresi, hanno quanto si meritano.
Adelchi Miatto, Roraigrande (Pordenone)
Caro Adelchi, sulle nostre responsabilità di elettori potremmo star qui a discutere a lungo. Ma sui ritardi “colpevoli” dovresti parlare con i responsabili delle Grandi Opere. Io qualcosa ho seguito e ti assicuro che dover ammettere che l’Ana, in alcuni casi non è riuscita ad investire i soldi raccolti in progetti giudicati urgenti, a causa della burocrazia e di altro ancora (non della complessità dell’iter progettuale) è una delle cose più tristi che abbia visto da quando sono qui a dirigere questo nostro mensile.