Non è mia abitudine scrivere ai giornali, ma dopo aver letto la lettera del signor Rizzi sul numero di luglio, se permettete vorrei fare qualche considerazione. Pieno rispetto per l’amore filiale, ma anche per la verità dei fatti. Che l’Italia l’abbiano liberata gli Alleati non lo contesta nessuno, ma la Resistenza ha liberato gli italiani. I partigiani hanno scelto liberamente di dare la vita (e non è una frase fatta: centinaia di lapidi lo ricordano a chi le vuole vedere) per dimostrare che gli italiani non erano solo quelli che uscivano incontro ai liberatori con le bandierine, o mendicavano un pacchetto di sigarette, ma c’erano anche quelli che volevano e sapevano battersi per riconquistarsi una dignità e non solo farsi liberare con il sacrificio degli altri. Fra loro migliaia di alpini e altri che, pur non avendo fatto parte del Corpo, hanno scelto spontaneamente il cappello alpino come simbolo della loro lotta. È stata una guerra civile? Certamente: ma non era lo stesso difendere i treni diretti ad Auschwitz o cercare di fermarli, appoggiare i massacratori di Marzabotto o combatterli. Quindi, liberissimo di non festeggiare il 25 Aprile, ci mancherebbe; visto che ha vinto la Resistenza, nessuno è più obbligato a scendere in piazza a comando. Le Foibe furono opera dei partigiani jugoslavi, non italiani: alcuni dei quali anzi ci sono finiti dentro. E si inquadrano in una vicenda in cui le colpe non stanno da una parte sola, come ci ha ricordato di recente il Presidente Mattarella.
Ivan Cadenelli, Vobarno (Brescia)
È doloroso costatare come sulla storia della Liberazione si sia finito per farne letture ideologiche da una parte e dall’altra, con reciproche demonizzazioni. Sarebbe tempo che su questi temi si facesse una lettura serena e riconciliata. Ciò premesso è vero che la Resistenza si è macchiata anche di episodi esecrabili, ma rimane pur vero che essa fu l’espressione di tanti spiriti liberi, che per essa misero in gioco la vita, non di rado perdendola. Tu citi gli alpini, ma a me piace ricordare il protagonismo di tanto mondo cattolico, che andava dall’Azione Cattolica, ai centri culturali, fino ai tanti parroci di campagna, spesso trucidati per il loro impegno.