Il 2 giugno, festa della Repubblica, alla parata dei Fori Imperiali a Roma gli alpini hanno sfilato con il berretto norvegese , anziché con il tradizionale cappello con la penna.Erano irriconoscibili, fra le formazioni di militari, a differenza dei bersaglieri lo diciamo solo per dovere di cronaca che erano perfettamente visibili avendo le piume sul casco da deserto.
Le reazioni sono state immediate: la redazione de L’Alpino e la segreteria della sede nazionale sono state subissate da telefonate ed e mail di protesta. Da parte del presidente nazionale Corrado Perona sono stati inviati telegrammi al Capo dello Stato, al ministro della Difesa e ai due capi di Stato Maggiore, della Difesa e dell’Esercito: il testo è stato prontamente diffuso sulla rete informatica sin dal 3 giugno, giorno dopo la sfilata.Questa la risposta a Perona del generale Giulio Fraticelli, capo di Stato Maggiore dell’Esercito: Le manifesto il mio rincrescimento che la partecipazione delle Unità degli alpini alla sfilata del 2 giugno nella uniforme desertica dell’operazione Nibbio in Afghanistan non abbia consentito di esibire il tradizionale cappello alpino. Non ci è stata assolutamente alcuna intenzione di eliminare un simbolo fondamentale e intangibile dell’ alpinità . Quanto alla rappresentatività sui media posso documentarle che gli alpini con e senza il tradizionale cappello sono costantemente sulle prime pagine con piena soddisfazione dell’Esercito .
Nei giorni scorsi lo stesso generale Fraticelli ha rivolto al nostro presidente un cordiale invito a Roma: il capo di Stato Maggiore ha spiegato che non c’è stata alcuna intenzione dimortificare la presenza degli alpini in armi e ha dato assicurazioni che in futuro episodi del genere non succederanno più. Nell’incontro (leggi l’articolo dell’incontro) è statal’occasione anche per trattare nuove forme di collaborazione allo scopo di incentivare l’arruolamento negli alpini anche con prospettive di collocazione al termine della ferma.
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