Quel profumo che manca

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    Sono al lavoro con il mio trattore per preparare il terreno per la semina del mais. La giornata è bellissima, ventilata, l’aria è tersa, na giornà sclinta come diciamo in Piemonte e le Alpi Graie sono limpidissime innanzi ai miei occhi. Il Monviso alla sinistra della mia vista, il Rocciamelone alla destra mi guardano… sì mi guardano; solitamente sono io a guardare loro, ma stamane è il contrario. E mi chiedono: “Biel, cos’hai oggi? Sei triste? Sei malinconico?” E io rispondo: “Sì, mi manca un profumo, un profumo fatto di molte essenze nella quale mi immergo completamente, in apnea, quattro giorni all’anno e questo profumo non puoi acquistarlo in nessuna erboristeria o profumeria, è unico”. Allora mi consolano invitandomi ad andare da loro, che di profumi ce ne sono tanti e tutti originali e caratteristici, come il profumo dei fiori di campo, delle tome d’alpeggio, del letame dei pascoli in quota, dell’erba tenera appena sfalciata. Tutti ottimi, ma a me manca un profumo fatto di un mix di altre essenze, e queste essenze sono: la musica del mio trombone fermo per ovvie cause da ormai troppo tempo, i canti con gli amici a tutte le ore del giorno e della notte, la colazione con le acciughe al verde, la goliardìa in una serenata suonata a quel gruppetto di ragazze venete che non si sottrarranno mai dal bere un bicchiere di vino con te dopo averle fatte danzare, gli abbracci e le risate con gli amici di Malo, le fisarmoniche del Mora e di Ruffy, il clarinetto di Maury Goga, il rullante di Dariulin, i piedi gonfi per i chilometri macinati durante il giorno. Tutte queste essenze sapientemente ma altrettanto naturalmente miscelate originano il profumo che mi manca tanto, troppo, immensamente, è il profumo di Adunata, quel profumo che l’aria di mare di Rimini avrebbe dovuto diffondere su di noi attraverso i tricolori sventolanti nel cielo azzurro e che migliaia di penne nere avrebbero potuto assaporare e goderne della sua unica salubrità inebriando così i nostri corpi e le nostre menti rinchiuse in una gabbia di dubbi, vincoli e perplessità da più di un anno.

    Gabriele Gariglio, Gruppo di Trofarello, Sezione di Torino

    Diavolo d’un Biel come scrivi bene! Lascia che te lo dica uno che deve scrivere per lavoro da 40 anni. Mi hai emozionato. E mi hai fatto venire voglia di conoscerti. Non invidio la tua arte letteraria, ma il profumo del tuo animo che la ispira. Comunque per lo iodio di Rimini, aspetta ancora un annetto. Frattanto lasciati guardare dal Monviso e dal Rocciamelone.