Quando la memoria educa

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    Era da tempo che qualche amico mi scriveva: perché sul nostro mensile non facciamo mai memoria della Shoah? È vero che noi siamo soliti ricordare i nostri caduti e il nostro passato, intrecciato di dolore, di eroismo e di passione sociale. Abbiamo poi da dare voce al nostro presente, così intasato di iniziative, tanto che lo spazio non è mai sufficiente a coprire il troppo da raccontare. Ma sappiamo anche che la nostra Associazione ha una valenza sociale, morale e pedagogica.

    Ognuno di noi si porta dentro, anche l’alpino più sbadato, una profonda nostalgia per il bene e per le cose buone. Forse per l’innocenza perduta, come una fiammella che brucia in qualche spazio remoto della coscienza e che ci impedisce di essere rinunciatari davanti al male, travolti dalla rassegnazione. Ed è questa fiammella che ci aiuta a mettere sempre al centro il valore e il bene delle persone. Leggo in un pezzo, a firma di Luciano Zanelli che troverete in questo numero, una frase che mi ha toccato dentro: “Quasi non crediamo a questa impensata fortuna”.

    Dati i tempi che corrono qualcuno penserà a un Gratta e Vinci milionario, oppure a qualche corposo lascito testamentario, oppure fate voi. La fortuna di cui parla Luciano in realtà è molto più feriale, ed è riferita all’operosità del Comune di Sefro, nelle Marche, che ha consentito in tempi rapidi di fare un intervento a favore dei terremotati. Perché agli alpini piange il cuore quando la burocrazia e l’indifferenza politica vengono prima del bene delle persone. Il bene delle persone qualche volta è il bisogno di un tetto e di un angolo caldo per chi ha vissuto il dramma del terremoto. Ma è anche il bene della libertà, del rispetto delle persone, di relazioni sociali sgombre dalla rissosità, dall’insulto, dall’inimicizia, che spesso finisce per trasformarsi in violenza verbale e fisica. Riflessioni che mi rimandano a Liliana Segre, uscita viva da Auschwitz, con pochi altri.

    Una donna che ci riconcilia con la nostra fragile umanità, mostrando attraverso i suoi sentimenti pacificati e pieni di valori, le vette più grandi del nostro essere creature. E mi chiedevo perché mai nel 2020 questa donna abbia bisogno di una scorta. Quasi che la forza morale della sua libertà interiore, del suo pensiero e la sua grandezza morale fossero dei virus da cui difenderci. Nei giorni scorsi l’abbiamo ascoltata insieme a migliaia di studenti e il suo intervento ci ha rievocato nella mente l’Ecce homo. Ecco chi è l’uomo, la creatura umana, disse un giorno Pilato. Si riferiva a un suo noto correligionario. Qualcuno lo chiamò così per irriderne la debolezza e per schernirlo, giudicandolo pericoloso per quel tempo.

    Fu la storia a ribaltare il senso di quell’affermazione, mostrandoci quali grandezze si nascondessero invece in quell’uomo apparentemente perdente. Da allora ogni epoca ha i suoi Ecce homo. A noi scegliere da che parte stare. Se sposare la grandezza dei carnefici o quella degli innamorati della vita e delle persone che camminano accanto a noi.

    Bruno Fasani