Quando il momento si fa duro…

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    “Leggere” i numeri è sempre compito non semplice. Per loro essenza, i numeri danno indicazioni quantitative, ma la freddezza del dato non deve necessariamente essere assunta come certezza. È per questo che la scienza statistica utilizza i cosiddetti indicatori, ovvero quegli elementi che consentono di incorniciare in un quadro più completo quello che le cifre parrebbero comunicare. In base ai numeri forniti con precisione dal nostro Gisa (il sistema informatizzato di gestione dei soci Ana) risulta infatti una crescita rapida e notevole di iscritti nei ruoli della Protezione Civile alpina: se al 18 ottobre del 2019 questi risultavano essere 12.048, il 13 maggio 2020 erano diventati 13.107, con un incremento di ben 1.059 unità in soli sei mesi, quasi il 9% in più.

    Un simile balzo è certo imputabile all’emergenza sanitaria dell’epidemia da Coronavirus, che ha impegnato la Protezione Civile e la Sanità Alpina dell’Ana in una dura lotta che, nel momento in cui scriviamo (20 maggio, ndr) mostra segni di positiva attenuazione, ma non può certo ritenersi conclusa. E l’indicatore che da questa esperienza possiamo trarre è, ancora una volta, iscrivibile alla solidità della reputazione di cui gli alpini godono nel nostro Paese: nelle situazioni di difficoltà, quando è importante un sostegno solidale, attorno alle penne nere si coagulano la reazione positiva e la voglia di fare di tante persone, certe che il loro impegno sarà incanalato in una giusta direzione.

    I dati “esplosi” per Sezione raccontano di una crescita che è più evidente nelle Regioni in cui l’emergenza sanitaria si è fatta più sentire (a Milano, per esempio gli alpini iscritti alla Pc sono passati da 48 a 80 e gli aggregati da 54 a 96, a Verona i 150 alpini sono diventati 337 e i 206 aggregati 382), ma colpiscono anche incrementi numericamente più piccoli ma percentualmente rilevanti in zone in cui il virus non è stato così crudele (come in Sicilia, dove le penne nere in Pc da 4 sono diventate 12, il triplo o a Firenze, con gli alpini passati da 45 a 61 e gli aggregati da 17 a 33). E nelle zone in cui magari la consistenza numerica delle penne nere è rimasta stabile o in lieve flessione, gli aggregati hanno risposto con entusiasmo (nelle Marche, ad esempio, questi ultimi sono passati da 17 a 29, pari al 71% in più).

    Certo, non tutti gli iscritti nuovi resteranno nelle file di Protezione Civile e Sanità Alpina ad emergenza finita: ma molti di loro sicuramente sì, soprattutto dopo aver “toccato con mano” la realtà operativa e l’entusiasmo degli alpini ed aver ricevuto dalla gente le sempre gratificanti attestazioni di riconoscenza ed affetto. Esperienze come quelle dell’Ospedale realizzato in tempi record nella Fiera di Bergamo hanno concentrato attorno agli alpini un fervore di azione commovente, ma un po’ ovunque, in Piemonte, come in Veneto o in Abruzzo, il cappello alpino ha compiuto ancora una volta tanti “miracoli” solidali, piccoli e grandi.

    È attingendo a questa linfa che il “disegno” dell’Ana mostra di essere sulla buona strada: portare a compimento l’istituzione di un servizio obbligatorio per i nostri giovani, nell’ottica e nel solco delle tradizioni alpine, per avere in ogni momento sul territorio personale formato al servizio del Paese.

    Massimo Cortesi