Quando c’era la naja

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    Ogni tanto mi piace scriverti quando leggo qualcosa che mi interessa e che ho letto nella tua interessante rubrica. Interessante perché condensa svariati modi di pensare, come è giusto che sia. In questo momento sto seguendo l’Adunata ed è appena passata la mia Sezione, Treviso, inutile dirti che la commozione è sempre grande quando sono presente e specialmente quando la seguo da casa. Quest’anno non ho potuto esserci per miei motivi, ma ho fatto in modo di seguirla in tv. La visione della nostra festa mi dà lo spunto per tornare sul discorso della leva militare obbligatoria, visto che anche nel numero arrivatomi i primi di maggio non mancano lettere di persone che denigrano questo servizio. Mi spiace che tanti abbiano trascorso la naja gozzovigliando tutto il giorno e tirando notte, io sono tra i fortunati che è stato impegnato sufficientemente, ma il discorso non è questo. Il senso di fraternità che nasce dal Corpo degli alpini è sotto gli occhi di tutti, lo stare assieme a persone di varie estrazioni sociali, il “dover” dire sì ad un ordine per il quale non sei d’accordo per me è altamente educativo. L’aiutarsi nel momento di difficoltà… questa è l’alpinità. E questo è quanto ci è stato tramandato in quei mesi di servizio. Ovvio che ai giorni nostri la naja andrebbe riveduta e migliorata rispetto a quella fatta, perché francamente anche gli sprechi erano sotto gli occhi di tutti, ma resto convinto che qualche mese così migliorerebbe tanti ragazzi e magari anche tanti genitori. Un caro saluto a te e a chi legge e complimenti per il tuo intervento su Raitre dove veramente indottrini chi naviga ai margini dell’alpinità… Commovente il servizio su Iroso proprio nei giorni in cui era già “andato avanti”.

    Enzo Dal Sie Gruppo di Ponzano Veneto, Sezione di Treviso

    Caro Enzo, a sentire qualcuno, sembra che la naja sia stato un periodo di tedio e di noia, fatta di tempo perso e improduttivo. Per me non è stato così. Ho lavorato, ho imparato a rispettare gli orari, ho anche obbedito molto. Chi ha perso tempo credo abbia dato il meglio della propria indole, per cui temo che sia stata poi una costante della sua vita, anche una volta ritornato a casa. L’impiego pubblico è pieno di gente che fa i propri affari, tenendo la schiena dritta per non lavorare.