Perché tutto sfili liscio

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    Si inizia a dicembre al massimo ai primi di gennaio e capita, come a L’Aquila, di tracciare sotto la neve. Giuliano Peruzzi e Alfredo Nebiolo si ritrovano in questo periodo nella città dell’Adunata, più precisamente nella zona dell’ammassamento per stabilire chi deve mettersi dove e quanto spazio occuperà. È un vero e proprio algoritmo, così si direbbe oggi, studiare il posizionamento per accomodare al meglio gli alpini in attesa di sfilare. Non devono essere troppo stretti, ammassati, ma nemmeno lasciare spazi che rallenterebbero la macchina organizzativa. Peruzzi, alpino esploratore del battaglione Belluno che nel suo curriculum grigioverde vanta anche il brevetto di istruttore di alpinismo, è un tipo preciso: «Prima si individuano le strade adatte a raccogliere gli alpini divisi per settori ovvero per provenienza, poi a occhio, qui viene in aiuto l’esperienza, si evidenziano sulla piantina le vie occupate, ogni settore un colore» racconta durante la sua ultima trasferta a Milano in vista dell’Adunata. Sono diversi i fattori da considerare «l’ordine di sfilamento se per 7 o per 9, il numero dei soci di ogni sezione moltiplicato per 1 mq che è lo spazio occupato da una persona. Poi c’è la questione del posizionamento dei cartelli che va fatta in base alla strada se è lineare o se fa una curva, mi spiego? Servono in media 7.535 metri di strade per un’Adunata» e allunga l’indice sulla cartina di Milano, «qui è più semplice, i viali sono ampi e i cartelli verranno posizionati sui piloni della luce, i riferimenti sono i civici naturalmente ». Il sergente del 7° Peruzzi è entrato nel Servizio d’Ordine Nazionale nel 1976 con incarico “transenne”, quelle posizionate per delimitare il percorso della sfilata, poi è passato al “reparto ammassamento”, lui, la ruota metrica e sette volontari: Schomber, Carniello, Pitta, Borca, Brignoli, Ferrarini, Peressini e Panzeri più qualche aiuto all’occorrenza. Il giovedì precedente l’Adunata la squadra posiziona i cartelli che la domenica quando l’ultima fila comincia a muoversi, vengono recuperati grazie a un attrezzo ideato e realizzato da Borca. Una macchina perfetta coordinata dal comandante Alfredo Nebiolo che dall’Adunata ad Asiago nel 2006, ha introdotto l’uso della ruota metrica «occorre essere precisi per evitare gli errori», lo dice mettendo una mano sulla spalla di Peruzzi in segno di complicità, con la fierezza di avere uomini su cui poter contare. Perché è un’appendice della grande famiglia alpina, il Son, e non è retorica. Si ritrovano, dormono e mangiano insieme per giorni interi, poi ci sono i turni, le uscite, gli incarichi e, sempre, gli imprevisti e le urgenze. Gli ordini e i contrordini, i mugugni fino alle malinconie di quando si chiude la branda, si affardella lo zaino e si prende la strada di casa. Naja finita, per quest’anno. E allora, quando gli alpini di tutta Italia si ritroveranno nella zona dell’ammassamento sotto a un cartello che indica la loro Sezione, ripenseranno forse a un lavoro scrupoloso iniziato mesi prima, curato al dettaglio per mano di alpini che nulla chiedono in cambio se non che tutto “sfili” liscio.

    m.c.