Per la nostra strada…

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    Accendere il televisore o aprire un giornale ci dà sempre più spesso un senso di riluttanza. Perché non passa giorno che non avvengano fatti di cronaca che ci riportano alla barbarie. Sembra che questa nostra società così tecnologicamente avanzata, capace di andare sulla luna, sostituire organi vitali, comunicare con tutto il mondo premendo un tasto al computer, ma anche così violenta, egoista e distratta abbia perso i punti di riferimento conquistati in millenni di cammino verso il diritto e la dignità dell’uomo. Sono fatti che sconvolgono la nostra coscienza, che graffiano l’anima, che vedono sempre più spesso vittime i bambini, i più indifesi.

    Non andiamo oltre, se non citando quanto ha scritto l’inviato d’un quotidiano nel Parmense, concludendo la sua cronaca sul bimbo barbaramente ucciso: Desidero andare via da qui e tornarmene a casa, dalle persone che amo . La famiglia, il calore degli affetti, della pulizia, della vita ordinata contrapposti al disordine morale, allo scempio dei sentimenti, alla ferocia.

    È un disorientamento che parte da lontano, dal momento di transizione che la nostra società sta attraversando. Da un lato abbiamo ceduto parte delle prerogative della nostra Patria per parafrasare Benedetto Croce per cederle a una Patria più grande, la Patria Europa; dall’altro assistiamo al disfacimento di Stati e alle tensioni verso equilibri nuovi per religione, economia, lingua, costumi e storia. Abbiamo raggiunto modelli di vita avanzati ma non ci rassicurano, e i giovani vedono il loro futuro sempre più provvisorio e incerto. La politica ci sta dando esempi sconfortanti, nei quali è difficile vedere il senso dello Stato. La stessa famiglia piccola Patria per eccellenza viene messa in discussione.

    Eppure, nonostante le brutture che la cronaca quotidiana ci riserva, continuiamo ad essere aperti alla speranza, sorretti da segnali inequivocabili che non sono solo di oggi: un recupero della nostra identità nazionale, dei valori di riferimento; una generazione di giovani che, lasciato il mondo della scuola, conosce la difficoltà di inserirsi nella società produttiva ed è disposta a sopportare duri sacrifici; tutto un mondo di volontariato che supplisce alle carenze pubbliche dando aiuto, sostegno, conforto.

    Tutto ciò non accade per caso. È dalla famiglia, prima ancora che dalla scuola, che viene quell’imprinting che ci guida per tutta la vita. Un’impronta lasciata da modelli di vita, tradizioni, moralità, educazione e rispetto delle regole che costituisce il patrimonio genetico. Tracciando questo quadro confortante viene da pensare agli alpini, le cui cronache sono improntate, sempre, a comportamenti positivi. Pochi giorni fa è stato presentato il Libro Verde della Solidarietà, che raccoglie solo una parte di quanto le nostre sezioni e i nostri gruppi hanno fatto al servizio degli altri. Un mare di solidarietà.

    Sembra quasi un mondo a parte, contrapposto a quello delle cronache nefaste in cui ci si sente estranei. Eppure noi continuiamo per la nostra strada, continuiamo così, perché lo vogliamo, perché lo dobbiamo, perché siamo convinti che è quella giusta.

    Strada difficile, faticosa?La risposta ci viene dalla lettera che una ragazza il cui padre, alpino, era stato tre giorni a lavorare duramente con la nostra Protezione civile. Quanto è tornato a casa, era felice .

    È la stessa strada che fra pochi giorni, fra poche ore, ci condurrà alla Colonna Mozza, sull’Ortigara, città di giganti, cattedrale degli alpini, cui nulla è possibile aggiungere, nulla è possibile togliere. Momento zenitale del sacrificio umano .