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L’alpino pellegrino

Caro don Bruno, ti ricordi? L’anno scorso, prima dell’Adunata di Pordenone, ti dissi che, a causa di un malanno a un ginocchio che quasi non mi permetteva di camminare, dopo quasi 20 anni dovevo interrompere la tradizione di andare a tutte le Adunate a piedi. Il mio disappunto era dovuto non solo al fatto che dovevo rinunciare al viaggio a piedi ma, soprattutto, perché era la fine di un sogno: andare a L’Aquila passando da Papa Francesco. Sarebbe stato il 3º Papa che avrei incontrato. 

Bandiere come stracci

Caro direttore, il 10 aprile mi trovavo nel centro di Genova e, percorrendo via Vincenzo Ricci, nei pressi di via San Vincenzo, sono rimasto colpito da quel che ho visto sulle mura di un edificio, contrassegnato dal numero civico 4. L’edificio ospita, a quel che dice la targa affissa davanti all’ingresso principale, l’Asilo Tollot - Scuola Materna. Ciò che mi ha negativamente colpito è la trascuratezza riservata alla Bandiera d’Italia, il “nostro” amato Tricolore, esposto all’ingresso della struttura. Altro che «bandiera esposta in buono stato e correttamente dispiegata », come disciplina la legge (articolo 9, Dpr 7 aprile 2000, n. 121).

Il Gruppo Ungheria, Sezione Danubiana, ha partecipato anche quest’anno alla marcia organizzata dai riservisti ungheresi (Matasz) che ricorda i Caduti sul fronte del Don, nella ritirata o in prigionia. Storicamente la 2ª Armata ungherese confinava con il fianco sinistro dello schieramento italiano dell’8ª Armata (ARMIR) e con il Corpo d’Armata Alpino. La marcia si svolge su tre giorni e si snoda tra boschi e prati.

Una linea nella storia

Ne facevano parte le fortificazioni in Cadore e nelle valli del Maè, del Cordevole, del Cismon, del Brenta, erette prima della Grande Guerra. “La linea di resistenza ad oltranza, convenzionalmente detta Linea gialla, era stata avviata a sistemazione nell’estate del 1916. Si estendeva a tutta la fronte montana del nostro schieramento strategico e aveva lo scopo -precauzionale- di appoggiarvi la difesa nel caso esigenze di manovra avessero imposto di trasferire unità in altri settori. Nel settore della IV Armata si svolgeva lungo le posizioni di: Cima Caldiéra, Monte Agaro, Monte Totoga, Monte Pavione, Monte Cimonega, Monte Tamer, Monte Framont, Monte Civetta, Monte Fernazza, Monte Antelao, Le Marmarole, Monte Tudaio, Le Terze, Casera Razzo.

Historia magistra vitae

Caro Direttore, scrivo per conto di mio padre Ernesto Savoia. Leggendo l’articolo in prima pagina ogni tanto mi viene da scrivere e questa volta c’è quello sul passato storico della nostra società.

La mostra “L’artigianato artistico ricorda la Grande Guerra” allestita nella caserma Di Prampero di Udine «rappresenta il biglietto da visita di un progetto di formazione delle maestranze afgane ad Herat che sarà curato da Confartigianato Udine e dalla brigata alpina Julia». Queste le parole del gen. Michele Risi, comandante della brigata Julia che, insieme al Presidente di Confartigianato Udine Graziano Tilatti ha inaugurato la mostra, alla presenza delle massime autorità civili e al Presidente della Sezione Ana di Udine Dante Soravito de Franceschi.

Gentile direttore Fasani, questa è una lettera scritta a tre mani (due figlie e un nipote) per esprimere attraverso il suo giornale tutta la stima e l’amore per un grande alpino, nostro padre Mario Pianezze.

Il 12 giugno 1995 moriva a Lugano Arturo Benedetti Michelangeli, considerato unanimemente il più grande pianista di tutti i tempi. Nato a Brescia nel 1920, si diploma a soli 14 anni al Conservatorio Giuseppe Verdi di Milano. Uomo di personalità ed estro, qualità che riversava puntualmente nelle sue straordinarie esecuzioni, fu anche un grande appassionato di etnomusicologia nonché estimatore del canto popolare proveniente dalla tradizione orale. Il suo incontro con il coro della Sat negli anni ’50 ha dato il via a una vera e propria rivoluzione nell’universo satino prima e in tutto il movimento corale poi.

Variazioni sul tema

Gentile direttore, come componente di un coro alpino, vorrei avere il suo parere, magari suffragato o meno da qualche Maestro di altro coro, in ordine a questo argomento. Capita a volte, per quanto molto molto raramente, che qualche componente del coro trovi a ridire su alcune parole della canzone, su qualche riga o addirittura strofa dal contenuto/ significato un po’ “particolare”, “fuori tempo”, “fuori luogo”, con richiesta di sostituire le parole, la riga, la frase con altre, oppure non cantarle.

Durante la festa annuale del Gruppo di Cellio si è svolta la cerimonia di gemellaggio fra il Gruppo di St. Pierre, Sezione di Aosta, intitolato alla Medaglia di Bronzo al VM sten. Eugenio Bochet, e il Gruppo di Cellio, sezione Valsesiana, intitolato alla Medaglia d’Oro VM Mario Bonini. I due alpini facevano parte del btg. Monte Cervino e trovarono insieme la morte il 29 gennaio 1941 sul fronte greco-albanese (Monti Trebescines, quota 1.514). 

Lo scultore Alpino

Il talento è una scintilla che trasforma l’ovvio in arte. Tronchi d’albero, ciocchi di legno abbandonano la loro naturale forma e raccontano una nuova emozionante storia. Questa storia e il nostro talento nascono in Valbelluna, laddove il Terche e l’Ardo confluiscono nel Piave, sotto l’attento sguardo delle Dolomiti. È qui che Beppino Lorenzet respira le prime boccate di vita contadina, della quale intercetta l’essenza che si trasfonderà nella sua arte e dalla quale, al contempo, non vede l’ora di correre lontano. Per il giovane Beppino correre è l’unico modo per allontanarsi da una realtà che non sente sua: «La famiglia non poteva garantirmi grandi possibilità per studiare. Lo sport era una buona soluzione e le montagne erano ad un passo».

Nei primi mesi del 1919 si costituì un comitato promotore per la costruzione di un monumento ai Caduti di tutta la Valle Anzasca. Fu identificato come luogo più idoneo il poggio di Castigiasco, a 500 metri di quota, poco distante da Cimamulera. Il progetto, affidato all’ing. Andrea Fauser di Milano, da realizzare in sarizzo, la pietra locale estratta dalla montagna, non avrà compimento per difficoltà di vario genere. Nel 2007 gli alpini di Cimamulera decidono di recuperare l’antico progetto: lavorano alacremente per dissotterrare le pietre già tagliate all’epoca e le trasportano sul luogo dove sorgerà il monumento, realizzato su progetto dell’ing. Paolo Bortot.

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