Ottant’anni fa

    0
    131

    Anche quest’anno la Sezione di Udine, in collaborazione con la brigata alpina Julia e il Gruppo di Muris di Ragogna, ha ricordato mille alpini, bersaglieri, marinai e carabinieri periti durante il tragico affondamento della motonave Galilea, avvenuto nella notte del 28 marzo 1942, nel Mediterraneo, al largo delle coste della Grecia, nel canale di Otranto. Il piroscafo, trasformato in nave ospedale, trasportava gli ufficiali, i sottufficiali e gli alpini del Gemona, riportandoli in Patria, a Bari, città pugliese dove però non sono mai arrivati.

    Il siluro di un sommergibile inglese, il Proteus, colpì il Galilea che in poche ore affondò portandosi nelle profondità del mare quasi mille giovani soldati, che erano sopravvissuti ai tragici fatti della campagna di Grecia e Albania, e stavano per rimettere il piede in Italia, e riabbracciare mamme, mogli e figli. La cerimonia, particolarmente emozionante, di domenica 27 marzo, che si è svolta come ogni anno sul Monte Muris di Ragogna, è iniziata con l’alzabandiera agli ordini del maresciallo comandante del picchetto armato dell’8º reggimento alpini, è proseguita con gli interventi delle numerose autorità presenti alla commemorazione; la Messa officiata da don Albino D’Orlando, già cappellano militare della Julia e attuale cappellano capo della Legione Friuli Venezia Giulia dei carabinieri ha conferito la giusta solennità all’anniversario, e si è conclusa con la deposizione delle sei corone d’alloro al monumento dei Caduti della Julia.

    Nello schieramento erano presenti il Labaro dell’Ana e il gonfalone della città di Udine, decorato di Medaglia d’Oro al Valor Militare. Hanno preso la parola il sindaco di Ragogna, Alma Concil, la quale nel ringraziare gli alpini del loro operato ha promesso che ogni anno verrà reso il giusto omaggio a questi giovani ragazzi che hanno sacrificato la loro vita per l’Italia; il Presidente del Consiglio regionale, Piero Mauro Zanin, nel sottolineare la commozione e anche la numerosa partecipazione delle penne nere all’ottantesimo anniversario dell’affondamento del Galilea, si è augurato che i valori espressi da questi avvenimenti possano essere d’aiuto per il futuro di tutti noi.

    Il saluto del Presidente Fedriga è stato condiviso dall’assessore Barbara Zilli, sempre presente alle cerimonie degli alpini friulani. Per gli alpini in armi il generale di brigata Fabio Majoli, comandante della Julia, ha sottolineato come le guerre siano immani tragedie che dovrebbero essere anche l’ultima opzione per risolvere i problemi. Questa tragica pagina di storia ricorda il nostro giuramento di fedeltà alla Patria, che noi militari serviamo anche con l’estremo sacrificio del bene più prezioso, la nostra vita.

    Il Presidente nazionale Sebastiano Favero, ha inizialmente salutato e ringraziato per la sua presenza a Muris la Medaglia d’Oro al Valor Militare Paola Carnielli Del Din e ha auspicato che nelle scuole si possa continuare ad insegnare la storia, per rendere chiara la memoria di questi soldati. La fanfara della Julia e il coro Amici della Montagna di Ragogna hanno accompagnato le fasi della cerimonia e della liturgia. Erano presenti Alessandra e Maria Luisa, da Milano, nipoti del reduce del Galilea, classe 1912, già sergente del Gemona, poi nominato sottotenente, Amilcare Galbiati. Le discendenti hanno voluto donare il cappello alpino dello zio reduce, al Museo storico della Julia, lasciandolo nelle mani del generale Majoli. Galbiati, prima in servizio al 5º Alpini, nel 1933 e nel 1934 e tra il 1938 e il 1940, venne richiamato più volte per prestare servizio nel 1º Alpini.

    A dicembre 1940, trasferito in Albania, fu aggregato all’8º Alpini della Julia, reggimento con il quale partecipò alle operazioni sul fronte greco-albanese. Venne poi trasferito al presidio del Canale di Corinto dove fu promosso sottotenente. In quel periodo subì un grave congelamento di secondo grado agli arti inferiori che gli provocò danni permanenti. Imbarcato sul Galilea il 28 marzo 1942, mentre rientrava in Patria, riuscì a salvarsi dal naufragio. Testimonianze di alcuni superstiti, hanno confermato che Galbiati salvò parecchie vite di commilitoni in difficoltà nei tragici momenti dell’affondamento, pur senza sapere nuotare. Per essere sopravvissuto all’affondamento del Galilea non venne mandato in Russia e venne assegnato alle sedi di Belluno e Feltre in qualità di istruttore di reclute.

    Al termine della Seconda guerra mondiale, riprese la sua occupazione presso la Pirelli, dove lavorò fino alla pensione. Partecipò sempre attivamente a tutte le Adunate nazionali, finché, diventato troppo anziano, non potendo raggiungere le città delle Adunate, partecipava simbolicamente passeggiando in quei giorni, per la sua città, Milano, calzando il cappello alpino. Sistemato adeguatamente nella grande teca dedicata al Galilea, il cappello alpino del sottotenente Amilcare Galbiati fa già bella mostra nella sala cimeli, al comando brigata di Udine, nella caserma Di Prampero.

    Massimo Blasizza